Quando canta Margherita Pirri

Non sono solito sperticarmi in complimenti. Forse perché quando ne ricevo mi imbarazzano. Ma credo che se esistesse un Unesco oltre che per i patrimoni architettonici e paesaggistici anche per le persone fisiche, un’artista come Margherita Pirri dovrebbe essere tutelata come patrimonio dell’umanità.

 

Si scrive e si canta le sue canzoni, suona il pianoforte e la chitarra, canta in italiano, in inglese (soprattutto), in francese ed in tedesco (addirittura), inventa le copertine dei suoi cd e, soprattutto, ciò che fa lo fa molto bene. Ed allora andiamo ad ascoltare il suo nuovo cd, “Daydream”, che contiene tredici canzoni che racchiudono quel suo patrimonio di sensibilità, tecnica, semplicità e pathos che è poi l’essenza della sua personalità.  Sin dall’ascolto delle prime canzoni, anche chi non ha mai conosciuto Margherita Pirri, coglie il bisogno dell’attenzione. Non ci si può distrarre perché ogni soluzione musicale contenuta in quei brani, può suscitare emozioni inaspettate e diverse. “Daydream” è un viaggio che porta l’ascoltatore dai trasognanti paesaggi dell’Irlanda alle affollate solitudini francesi, per ritrovarsi poi, sorprendentemente, in quella Milano che Margherita ama e canta come rivela in “Cara Milano” che se fossi il sindaco del capoluogo lombardo adotterei come canzone simbolo da affiancare all’immarcescibile “Oh mia bela Madunina”. Poi ci si imbatte in un autentico gioiello quale è “Lonely Moon” e ci si trova ad interrogarsi per comprendere come in “Elegie – Lied” la giovane cantautrice riesca a rendere dolce e carezzevole anche la ruvida lingua teutonica, tradizionalmente flautata come uno schiacciasassi. Il suo pianoforte offre momenti così intensi che verrebbe voglia di immaginarlo senza il sussurro di altri strumenti né della voce. Si ha la sensazione che riuscirebbe ugualmente a condurci lontano. Qualche piccolo segno di stanchezza lo si coglie solo in “A piece of live” e “She cried”, verso la chiusura di un album bellissimo, che riesce comunque a riconfermare le sensazioni iniziali con la lieve impennata finale di “La lune se leve”, che ci lascia nel silenzio, davanti al pc, con il difficile compito di cercare di raccontare quel che abbiamo ascoltato.

 

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