Underground Railroad: ad un passo dalla perfezione

Iniziamo col dire che si tratta di un lavoro davvero sorprendente. La qualità globale è più che alta:  qui si sfiora l’eccellenza.  Esecuzioni perfette, arrangiamenti senza sbavature, testi impegnati e pregnanti. La voce del frontman, Enrico Cipollini (che risulta poi essere una sorta di factotum, essendo di sua composizione la quasi totalità dei testi e tutte le musiche, oltre alla creazione della grafica del cd e relative foto) è espressiva, intensa. La pronuncia inglese perfetta, senza traccia d’inflessioni.

 

La band esprime un rock classico, che riprende stilemi ed evoca suggestioni che ci ricordano band celeberrime: a tratti Deep Purple e Led Zeppelin, passando dalla psichedelia dei Doors per approdare a certe sonorità che fanno immediatamente venire in mente i Pink Floyd, concedendosi qua e là qualche digressione blues. Ma attenzione, tutto questo senza mai veramente “copiare”: le canzoni sono tutte originali, ognuna dotata di una propria spiccata specificità. Apre le danze “Black Rain” con un ruggito di chitarre e un modo di scandire le strofe che ricorda subito i Deep Purple, ed un testo che descrive una sorta di caduta degli dei.  Segue “Same Old Place” con una sonorità che riverbera certi lavori dei Doors, dolente e stanco vagare di un’anima senza pace. “Riverside” si apre col suono di una dolcissima chitarra acustica, per svilupparsi in una ballad carica di melanconica nostalgia. I ricordi del passato sono il tema portante anche di “Hard to let go”, altra ballad giocata sulle corde di una chitarra elettrica che qui invece rinuncia a ruggire, per chiudere il pezzo con un chant che ricorda il Gilmour dei Pink Floyd. Suoni metallici e cattivi per “Chain Gang”, pensieri cupi di un “bad boy”. Inizia con un background di voci  “Enlightment”, disincantata descrizione della solitudine nella folla. In “Drown” prevale la rabbia impotente di un rapporto finito male, ben simbolizzata anche dal refrain ossessivo.  Il pezzo seguente “Part time President” fa invece pensare che l’autore abbia avuto frequentazioni personali col nostro ex primo ministro: il titolo ricorda troppo l’infelice battuta del “premier a tempo perso” emersa qualche tempo fa, poco prima delle dimissioni. Fa specie rilevare che il pezzo sia stato scritto parecchi mesi prima che fosse resa nota la battuta stessa. Il testo peraltro non fa sconti, e spiega chiaramente l’opinione dell’autore su certi politici e sui loro comportamenti. Si torna ad atmosfere dolci e melanconiche, suggestioni blues di un amore perduto in “Rainstorm”.  “A New Machine” ritrova invece la vena ribelle, nella descrizione quasi fanta-horror di un individuo irregimentato in un futuro (o un presente…) che ci vuole tutti macchine obbedienti, pronti a seguire gli ordini provenienti dall’alto senza alcun dubbio o esitazione.  Riflessioni ancora dolenti sulla solitudine e sulla forza che ognuno di noi deve spendere per raggiungere i propri reali obiettivi in “Satisfied”. Chiude il cd “Dirty Woman”, un pezzo tra rabbia e scanzonato disincanto su una ragazza… poco fedele.  Molti i pezzi che vien voglia di riascoltare più di una volta, nel complesso un lavoro davvero ben riuscito, che non può che lasciare soddisfatti tutti coloro che amano il rock più classico, con qualche venatura nostalgica. A nostro parere a questa band manca solo un passettino per raggiungere la perfezione: ancora un piccolo sforzo, per creare quel “quid” di personalità nel sound che ti rende ben riconoscibile, e non qualcuno che è tanto bravo perché “somiglia a…”

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