Il mondo di Vito Ranucci

 

Ecco un progetto discografico che esula dagli schemi abituali e si immerge in un percorso che attraversa i terreni, spesso impervi, di quell’ecumenismo musicale che tende a rappresentare scampoli ampi di umanità. S’intitola “Dialects” ed è l’ultimo lavoro di Vito Ranucci e del suo ensemble.

In quei dieci brani c’è un mondo che palpita e che vive, rappresentandosi con un pathos che tiene vivo l’ascolto sino all’ultima nota. In “Dans le regard”, brano che apre l’album, ci si sente immersi in un gran bazar della vita in cui Napoli con i suoi affanni s’intreccia con voci più o meno remote che non sfuggono ad un caos complessivo e ben simulato; il successivo brano, “Poison” è invece una sorta di canto dolente che richiama arie arabeggianti che ritroveremo nel prosieguo dell’ascolto. Ci si ritrova immersi a tratti in una dimensione onirica nella quale voci e cori sussurrano e gridano emozioni e richiami. Come riscontriamo in modo forse ancor più accentuato in “Wtc”. Ma, come accade in ogni album, è coinvolgente cercare di individuare il meglio del bello. Ed ecco allora che varrà la pena di ascoltare e riascoltare “Carmela” (rivisitazione di un vecchio successo di Sergio Bruni), un brano che prende per mano e conduce lontano, verso immagini e paesaggi non sempre definiti, ma dai quali sembra di non poter staccarsi più. Tutt’altra dimensione è “Terra di lavoro” che affida alle variazioni di un pianoforte e ad una chitarra il senso di una musica dinamica e decisamente più disincantata. Appena il tempo di avvedersene per poi ritrovarsi, come un discorso interrotto che riprende, alle prese con “Impunity”, premessa ad un altro piccolo capolavoro che è “Onde”, brano affidato ad una voce sofferta che pare scandire l’andatura stanca di un’esistenzialismo tutto in salita. Non particolarmente attraenti invece “Choral” e “Lullaby for Camilla”, per altro arrangiamenti a tratti un po’ arditi di brani rispettivamente di Joan Sebastian Bach e di Sergio Bruni. Quindi, la conclusione, forse un po’ scontata ma doverosa, dedicata a Napoli da parte di chi questa città la vive, la soffre e l’ama ogni giorno. Ranucci è compositore ed arrangiatore di classe che ha saputo dare vita ad un ensemble di artisti degni del suo progetto. Certo, tra queste note non vi è nulla di facile ed ancor meno di commerciale. Ma tra le tante banalità che ci piovono addosso ogni giorno, vale la pena di tentare percorsi meno facili e scontati. Anche solo per il gusto di averci provato. E se poi i risultati sono questi….

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