Teresa Mascianà: c’è un album di riserva?

Una cosetta esile esile, davvero sul limite dell’impalpabile, questo “Shine” della giovane calabrese Teresa Mascianà. I brani dell’album, tutti da lei scritti sia nei testi che nelle musiche, fluttuano su un genere pop-rock non sgradevole, ma che non si discosta mai da un livello piuttosto mediocre di “già sentito”. Ogni cambio di ritmo, ogni giro armonico ed arrangiamento è assolutamente previsto e prevedibile.

 

Non si trovano scatti di vera creatività, si percepisce costantemente la mancanza di “quel qualcosa” di distintivo e personale che possa rendere l’artista e la sua opera incisive e riconoscibili. Le canzoni, quasi tutte in lingua inglese, vengono proposte con una voce anch’essa poco consistente, a tratti incerta sino al limite della dissonanza. Un lieve eccesso di turpiloquio (l’aggettivo fuckin’ compare, in contesti non proprio giustificati, in ben due brani del cd) appesantisce a tratti dei testi che risultano spesso poco chiari nel concetto che vogliono esprimere. Spiace dirlo, ma si tratta di un lavoro non proprio riuscito. Forse non è tutto da bocciare in blocco, ma quel che rimane da salvare non raggiunge certo la sufficienza: c’è un bel po’ da lavorare per smussare le imperfezioni. Basterà un rimando agli esami, in attesa di una prova ulteriore? Noi speriamo e le auguriamo di sì.

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