SIX IMPOSSIBLE THINGS, UN BUON EP NON SEMPRE ORIGINALE

Sono decisamente verbosi, ed inclini alle citazioni artistico-letterarie, sia il nome del gruppo italiano Six Impossible Things (che è anche il titolo di un libro sulla fisica quantistica), e del loro ultimo Ep “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living” (ovvero: “l’impossibilità fisica della morte nella mente di qualcuno che vive”, titolo mutuato da un’opera d’arte contemporanea di un artista inglese, sulla quale vi lascio l’onere e il piacere di documentarvi personalmente).

Le influenze sono parecchio british, tra il rock, il pop, l’indie, e le atmosfere decisamente improntate alla melanconia introspettiva tendente all’emo. I primi tre pezzi francamente non mi convincono appieno, pur essendo gradevoli e suadenti, come lo è l’ottima interpretazione della vocalist. Ma gira un po’ un’aria di già sentito.
L’attenzione si accende di più sul quarto pezzo “What’s left of me” che, dando più energia alla parte ritmica, e con qualche repentino cambio melodico e di velocità, risulta più intrigante, variegato. Bella anche la chiosa di chitarra e batteria, decisamente più sul rockeggiante. Interessante anche l’ultimo pezzo, “Mind-forg’d Manacles”, uno strumentale di gusto onirico enfatizzato da inserimenti elettronici. Un discreto lavoro, per un gruppo che esorterei a proseguire nel suo percorso di differenziazione dalla massa del “solito”.

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