ROSGOS, AFFANNI E SOSPIRI

Non accade spesso di ritrovare in un solo album aspetti così controversi e così tanti chiaroscuri. Eppure, le dieci tracce contenute nell’album di RosGos “Canzoni nella notte”, impone riflessioni brano dopo brano, perché si percepiscono buoni intenti e, a tratti, una discreta traduzione di questii, ma poi spesso ci si ritrova perplessi al cospetto di una voce, quella di Maurizio Vaiani (ch’è anche autore di otto decimi del cd) o di scelte strumentali non sempre comprensibili.

S’inizia subito in salita con “Viaggiarti il cuore” in cui ci si imbatte in una chitarra troppo imperiosa al cospetto di una voce fragile che rende il tutto un po’ affannoso. “Scintille” appare musicalmente più convincente ed anche la linea melodica lascia intravedere qualche raggio di luce, ma la voce continua ad essere incerta, a tratti coperta dagli strumenti e non certo per colpa di questi ultimi. “Parole” ripropone un cantato stanco e, a quel punto, si fa largo la sensazione di una voce monocorde per un brano che non è comunque da buttare.  “Ovunque sei”, almeno musicalmente, lascia spazio ad alcuni cenni di crescita e “Resta qui con me”, caratterizzata da un arrangiamento un po’ più articolato, non riesce comunque a fare decollare quella voce così povera di “colore” che limita ogni dimensione interpretativa. Ed arriviamo a “Riccioli”, forse il brano migliore, anche perché caratterizzato da un testo più attento ad una migliore poetica e, finalmente, la voce di Maurizio pare più convinta e quindi convincente. Anche “L’addio” potrebbe essere un buon brano, ma alla fine risulta troppo inquinato da effetti sonori che anziché contribuire al suo arricchimento, generano situazioni di fastidio; una canzone intimista come quella, con una voce così poco estesa, avrebbe potuto risultare assai più piacevole con il semplice accompagnamento di pianoforte e batteria. Musicalmente interessante anche “Luvi”, non tanto per come viene eseguita, quanto per come avrebbe potuto essere con intermezzi di strumenti più tradizionali con semplici  giri di accordi ad arricchire un testo in questo caso un po’ banaluccio. “Due lame”, la penultima delle  dieci tracce, è un brano di 8 minuti che alla fine risulterà estremamente diluito, senza soluzioni musicali particolarmente attraenti (cosa che ci si aspetterebbe in una canzone così lunga), con la voce che torna a farsi fioca, incolore, sofferente. E si chiude con la rinunciabilissima “Luce” che il buon pianoforte di Roberto Nassini non riesce a rendere migliore. Nell’insieme, difficile dare la sufficienza ad un lavoro che in tante sue parti non convince, pur se qui e là si colgono qualche buona sensazione e, soprattutto, qualche buona intenzione.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su pinterest
Pinterest
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *