Quattro ore per sette canzoni

Gualazzi, Cristiano De Andrè, Antonella Ruggiero. Pare siano le loro le canzoni che più hanno convinto nel corso della prima interminabile serata della 64a edizione del Festival di Sanremo. Inanzitutto una domanda: ma è ancora il Festival della canzone italiana, come indicavano manifesti e locandine di tante edizioni passate? Oppure è semplicemente il Festival di Sanremo. E basta. E con questo si giustifica il fatto che le canzoni sono diventate il contorno di mille altre cose? Si perchè a questo punto, non è neppure più delle canzoni che si dovrebbe parlare, ma della formula di una manifestazione che, a poco a poco, è sempre più diventata una sorta di fiera espositiva. Innanzitutto per gli sponsor, poi per gli ospiti che, nella migliore della ipotesi, intervengono per parlare del loro ultimo film e nella peggiore, per trasformare quello che fu il tempio della canzone italiana in una sorta di struttura per comizianti. Si è partiti malissimo: con l’esternazione di Grillo fuori dal teatro Ariston, dieci minuti prima dell’avvio del festival; con il sipario che non si apriva; con quei due personaggi che volevano buttarsi se Fazio non avesse letto il loro appello, accorato e motivato come lo può essere un appello di chi sta perdendo il senso della propria esistenza (sempre che si trattasse di disperazione vera e non di un copione studiato ad arte). Ma tutto ciò che c’entra con il festival della canzone italiana? E si è andati avanti senza riuscire a decollare, con intermezzi troppo lunghi e un po’ stucchevoli, come quello di Fazio con Letizia Casta, o quello di Raffaella Carrà, di poco migliore per il “mestiere” indiscutibile che ha la soubrette riminese. E poi la pubblicità, insistente, martellante, ravvicinata, causa di troppe e troppo lunghe interruzioni. E così’ si è giunti alle 0,45. In tutto questo caos, che Luciana Littizzetto non ha certo contribuito a dipanare (ma davvero è questo il modello più moderno e dinamico di co-conduttrice?) sono spuntate qua e là anche le canzoni. Quelle di sette dei quattordici “big” in gara (e le virgolette ci vogliono tutte quando si definiscono “big” Sarcina, Noemi, Perturbazioni… tanto per citare qualche nome a caso). Scontati i consensi per Cat Stevens, ma siamo già di nuovo negli spazi riservati agli ospiti, dove si sono collocati anche Gramellini e le mogli dei marò in carcere in India. Troppo, davvero troppo il dover “consumare” quattro ore di televisione per ascoltare sette canzoni. Quelle in gara. Quelle per le quali esiste il Festival di Sanremo.

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