MASSIMO LAJOLO, UN CD CON POCHI SUSSULTI

“Tutto quanto ritorna”, album di Massimo Lajolo & Onde Medie, è un lavoro a più facce che pone in risalto diversi aspetti della cifra artistica del cantautore, non tutti positivi, beninteso, imponendo riflessioni che possano rendere meno superficiale il giudizio. La voce è calda, la scelta dei musicisti felice, gli arrangiamenti a più riprese interessanti, i testi senza pretese filosofiche, ma corretti e con qualche buona intuizione. Eppure, alla fine dell’ascolto delle dodici tracce, rimane la sensazione di un percorso piuttosto piatto, senza particolari sussulti, talvolta con richiami dal sapore vagamente vintage.

 

 

Insomma, è una di quelle volte in cui vien da pensare che un ep sarebbe stato sufficiente e forse sarebbe risultato più vivace. Il primo brano, “Cinque minuti”, ha una sua raffinatezza, ma ripropone atmosfere un po’ passate nel modo di concepire una composizione; la canzone che dà il titolo all’intero progetto, “Tutto quanto ritorna”, come spesso accade, non è certo la migliore e si stenta a comprendere la ragione di quel coro vagamente arabeggiante affidato a Khalid Zarou; si procede con “Il ritmo lento del sabato” che pone in evidenza una piacevole chitarra ed un buon arrangiamento; “Leggere il pensiero” è di certo il primo (ma non l’unico) brano rinunciabile, mentre quello successivo, “Beatrix”, si propone con qualche scampolo di nobiltà inserendo passaggi in lingua francese. Ma andiamo oltre con “Noioso blu”, canzone che fosse stata composta negli anni Ottanta non avrebbe sorpreso, sia per quel che riguarda la partitura musicale, sia per quel che concerne i testi; e ci risiamo con il francese che caratterizza “Chanzen” ma con il valore aggiunto di un banjo che si inserisce in modo intrigante e curioso. “L’anello e la sirena” è forse la canzone migliore del cd, bella la chitarra elettrica di Andrea Ferazzi, bello il testo con toni quasi fiabeschi, belli gli accordi che vanno a comporre un prodotto decisamente gradevole. Altro brano rinunciabile è invece quello successivo, “Milano da vivere”, non perchè sia una brutta composizione, ma semplicemente perchè non suscita nulla e quindi non rende determinante il suo inserimento. In “Fermare il tempo” pare di cogliere le arie e le atmosfere di quelle che un tempo erano le orchestre da ballo, quelle che facevano da cornice ad approcci ed abbracci in locali dall’aria greve aperti anche alla domenica pomeriggio. E ci si avvia alla fine con “Non so resistere” affidata alla voce di Laura Giandomenico ed agli effetti di Giovanni “Don Pablo” Marotta (bongos, shaker, cajon, claves e chi più ne ha…..). “La differenza” chiude questo lavoro con Lajolo che ha già rimandato a casa i musicisti e tutto solo accompagna il suo canto con la chitarra acustica ed elettrica. Un album caratterizzato da un elegante package, ma che non riesce ad indurre ad un riascolto, sia pure trovandoci in presenza di brani mediamente gradevoli. E la voce di Lajolo, seppur nitida e ben scandita, non ha una tavolozza di toni particolamente ampia e dopo un po’ rischia l’appiattimento. Anche per questo probabilmente un ep sarebbe stato più consigliabile. (Massimo Lajolo & Onde Medie – “Tutto quanto ritorna” – Maremosso).

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