L'”ARCA” DI OTTODIX IMMAGINA UN FUTURO DISUMANO

L’ensemble Ottodix ci ha abituati ad un livello qualitativo musicale e testuale elevato, e anche in questo concept “Arca”, con le consuete sonorità elettroniche, non si smentisce. Ciò che evolve e cambia, di lavoro in lavoro, è il livello di complessità, sempre crescente, che la loro produzione propone. Da anni, il loro percorso artistico va sempre più profondamente intrecciandosi ad implicazioni e collaborazioni di stampo prettamente scientifico-tecnologico, quasi che il lavoro di questo gruppo costituisse un precursore – volontario o involontario – dell’evocata, e da molti auspicata, “fusione” tra uomo e macchina.

Ad oggi, ne nasce una creazione che, come suggerito dalla stessa presentazione del gruppo, sta a metà tra la distopia e l’utopia. Partendo da un plot abbastanza classico della fantascienza (una umanità superstite da disastri ecologici, costretta ad imbarcarsi in massa appunto su una “Arca”, lanciata nello Spazio ignoto a cercare un nuovo mondo su cui “ripartire”) il concept si snoda tra ipotesi scientifiche e considerazioni morali e filosofiche sull’esistenza umana, e sulla sua inevitabile follia. La situazione del mondo attuale viene così rivista in un’ottica immaginaria, disegnando una ipotesi di futuro che non sarà certo ospitata in un micro-mondo (o mega-città) all’interno di un’astronave. Ma sulla nostra vecchia, esausta Terra, che potrebbe vedere gli esseri umani – come predetto da Aldous Huxley – nascere da uteri artificiali (come nel settore “Gemini” dell’Arca), crescere nei pochi spazi mantenuti in condizioni pseudo-naturali (come nel settore “Eco”) e poi essere divisi tra le varie incombenze e capacità in varie aree tematiche o produttive. Dominati da una scienza che, ormai diventata unica ineluttabile religione, “indica la via”. Insomma, tutto ciò che viene immaginato svolgersi in quell’immaginario spazio chiuso e circolare, illuminato da un sole artificiale, potrebbe tranquillamente avverarsi entro una manciata di anni qui, sullo stesso suolo che calpestiamo quotidianamente. Volenti o nolenti. Obbligati “non per pentimento ma per necessità” a cambiare prospettive e priorità. Certo sarebbe meglio arrivarci per e con buon senso, compassione, umanità e logica, e non per obbligo e disperazione. Ma uno dei futuri plausibili che ci si prospettano per l’umanità, è oggettivamente proprio quello dei prigionieri nell’Arca, pur restando sulla Terra. Concludendo, un lavoro che costituisce un esercizio intellettuale interessante, ma emotivamente gravoso. Consigliato ad amanti dell’elettronica, della scienza. Che non ne temono le distopie.

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