LA SEMPLICITA’ FATTA CUBE

I Cube sono un duo formato da Andrea Di Blasi e da Antonio Gangemi. Ma “Cube” è anche il titolo del loro album, interamente scritto dallo stesso Di Blasi ed al quale hanno partecipato altri musicisti. Una decina di tracce di soft-rock, tre delle quali in lingua inglese, per approdare ad un prodotto finito, tutto sommato semplice e lineare e per questo complessivamente gradevole anche se, di certo, non memorabile.

S’inizia con “Il sole del mattino” che subito fa comprendere che i Cube intendono muoversi nella direzione di una fruibilità piuttosto immediata, senza troppi fronzoli. “Ti vedo qui” conferma questa sensazione: linea melodica semplice, come lo sono del resto i testi, arrangiamenti senza iperboli e, come vedremo anche più avanti, con qualche concessione di troppo ai suoni che talvolta si fanno eccessivamente metallici e quindi freddi. “Si alza il vento” è un discreto brano, meno immediato di quelli che lo hanno preceduto ed eccoci a “The sun will always shine” canzone di buon ascolto affrontata in scioltezza e si direbbe quasi con più dimestichezza (lo noteremo anche negli altri brani in lingua inglese) dalla voce di Di Blasi, rispetto ai brani in italiano. Piccolo calo di tensione con “Ancora qui” che lascia affiorare qualche sintomo di noia in chi ascolta, anche a causa di un arrangiamento piuttosto monocorde che esaspera, a causa dei suoni metallici, un brutto effetto-fonderia. Si passa oltre con il secondo brano in inglese, “Everything I want” che si presenta con un rock meno lineare e che appare, fors’anche  dopo l’ascolto dei primi brani, un po’ confuso. Si torna ad una buona fruibilità con “Le cose che non ho” mentre “Disease in my head” segna i tratti di una gradevole situazione musicale generata da un pezzo ben strutturato, nonostante la persistenza di suoni troppo freddi. Ci si avvia alla conclusione con “Ricordi nel tempo” che offre maggiore respiro alla musica, ma che rimane un po’ sottotraccia poiché proprio la musica in questo frangente in cui si fa da parte il testo, non trova la giusta enfasi. E si va a chiudere con “Quello che cerco”, un rock-melodico senza troppe pretese, ma apprezzabile all’ascolto ed in un paio di passaggi apertamente un buon brano per una dignitosa chiusura. Che dire dei Cube? Il loro è un lavoro evidentemente fatto di consapevolezze e per questo non va mai oltre le righe. Non ha cedimenti troppo evidenti, ma neppure strappa entusiasmi. E’ un buon cd senza troppe pretese, con un paio di brani “radiofonici” palesemente concepiti per un facile ascolto. E questo, sia chiaro, non è un difetto.

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