Belli…Cosi, ma non troppo

“I Cosi” sono un trio milanese dal sound che, per usare un neologismo, definiremmo vetero-innovativo. Sembrano aver frugato nei vecchi bauli della musica per riesumare sonorità ed atmosfere che spaziano dagli anni ’60 agli anni ’90, ritagliando e ricucendo il tutto per creare un patchwork colorato, interessante e spesso sorprendente.

Intanto va detto che questo cd dal titolo “Canti Bellicosi” di “bellicoso” ha ben poco, sia nella musicalità che nell’interpretazione. Sprazzi polemici si possono cogliere qua e là (per esempio nel pezzo “Le ragioni degli altri”, vagamente celentanesca). Ma il tema portante del lavoro pare più l’introspezione e la riflessione. Sembrerebbe così che il titolo sia più che altro un autocompiaciuto calembour per giocare col nome del gruppo. Gruppo che – a nostro modesto parere, meriterebbe un nome un po’ più significativo: “I Cosi” suona più frettoloso e sciatto, che non originale. Ma torniamo alla musica, che invece originale lo è. Colpisce la meticolosa differenziazione tra un pezzo e l’altro. Da una traccia all’altra si cambia infatti costantemente atmosfera, ed in qualche modo anche epoca, pur rimanendo sempre sulle corde di una sobria e tutto sommato piacevole onda nostalgica. Si passa dai suoni simil-beat del primo brano, che dà il titolo alla raccolta, al rock soffice di “Cose nuove”, dal testo tutto sommato intimista. Segue “Universo”, una ballata dalla melodia molto aperta, che pare trasportarci in un dancing degli anni ’60 per un romantico lento, con il gruppo vestito con pantaloni a sigaretta e taglio dei capelli a caschetto. Si fa un salto avanti nel tempo, si direbbe a cavallo tra gli anni’80 e i ‘90 con “Settimana Enigmistica”, che ricorda a tratti il primo Enrico Ruggeri coi Decibel, ma un po’ più soft. Ci precipita in un Western anni ’70 la musica di “Romanticamore”, simpatica ed originale, ma forse un po’ incongruente col testo. Sonorità più recenti per “L’Assedio”, accorata descrizione di una solitudine. Come già detto “Le Ragioni degli altri” rievoca un poco le atmosfere del Celentano di diversi anni fa, se non fosse che la voce dell’interprete è talmente diversa da sfumare decisamente ogni similitudine. Chi ha qualche annetto sulle spalle si sorprenderà nel ritrovare il tocco dei vecchi “Santo e Johnny” o dell’Art Garfunkel rimasto orfano di Simon negli anni ’80, ascoltando “Se non”, ballata dolcissima, pericolosamente sull’orlo del melenso. Chitarra suadente e piacevolissima in “Fotografia”, dall’attacco quasi country. E per finire, giusto un tocco di Luigi Tenco in “Quello che so”, dal testo che descrive una specie di quieta, onirica apocalisse. Un lavoro molto creativo ed interessante, un gruppo da tenere d’occhio.

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