LA MUSICA NON PUO’ PIEGARSI AL PROFITTO

Mauri

Maurizia Vaglio, presidente dell’Associazione Artistica AnniVerdi, collaboratrice della rivista online Musicamag – Un’altra Music@ è autrice del libro “Il mistero intorno”. Con questo contributo si conclude la raccolta e pubblicazione di testimonianze sul tema “La Musica è finita? Quale futuro per la Musica?”, pensieri e riflssioni ora raccolti nel libro/dispensa di cui riferiamo in questa pagina nella rubrica “Il commento”.

 

Pensare che la Musica come tale possa “finire” è inconcepile. E’ come immaginare che possano finire i sentimenti, i pensieri o le sensazioni umane. Dovremmo entrare in una modalità esistenziale, appunto, dis-umana. E non speculerei oltre su una simile possibilità.  Quello che invece può finire, o comunque cambiare – e lo sta facendo sotto i nostri occhi – è il modo di intendere i modi ed i tempi di creazione e fruizione della musica. Nel giro di poco più di un secolo, siamo passati da un mondo in cui l’unica musica possibile era quella dal vivo. Non esisteva la possibilità di ascoltare musica, se non recandosi in un luogo in cui questa veniva eseguita. Fosse una festa campestre o un raffinato concerto da camera, un’opera lirica o una serenata estemporanea sotto un balcone. La musica nasceva e moriva nel momento in cui usciva dalla voce e dagli strumenti musicali di chi la eseguiva. La musica è stata, per lunghi millenni, quasi solo un’espressione spontanea, libera e gratuita. Gli spettacoli musicali a pagamento arrivano infatti anch’essi in tempi relativamente recenti, ed erano comunque riservati ad una ristretta cerchia di pubblico. Con l’invenzione del fonografo, alla fine del 1800, improvvisamente tutto cambia. I suoni, per la prima volta, possono essere registrati, conservati e riascoltati, e venduti a prezzi assai popolari. Il resto è storia che ben conosciamo: per tutto il ‘900, il mercato musicale ci ha abituati ad un certo meccanismo: si produce musica, la si incide, ne si vende la “memorizzazione” che a sua volta fa da traino alle esecuzioni live, anche queste diventate fonte di guadagno per artisti, produttori, case discografiche.

Poi, l’avvento di Internet fa saltare questo meccanismo, come molti altri. La facilità con la quale anche fruitori scarsamente scafati possono ascoltare a sazietà, caricare, scaricare, scambiare musica, fa praticamente deragliare tutto il settore economico ad esso legato. Ed ecco che la musica “ritorna gratuita”, perde valore in termini economici, almeno secondo le modalità alle quali da un secolo eravamo avvezzi. E’ ovvio che questo cambio repentino non può non essere traumatico per chi, a vario titolo, di musica vive.

Siamo in un mondo in cui ormai il valore di tutto viene definito in termini economici.  Spesso non ce ne rendiamo nemmeno più conto, vivendoci immersi, ma il profitto è ormai il principale discrimine tra un qualcosa che valga la pena di essere considerato, e quello che no.  Paragonerei l’esigenza assoluta di creare profitto ad un incendio di dimensioni ormai globali, che nella sua avanzata sta consumando tutto e tutti e che, è ormai chiaro, soffocherà anche sé stesso. Perché sta letteralmente distruggendo ogni tipo di valore creativo, artistico, ma anche etico e morale.  Non è pensabile ridurre l’arte ad un mero bene di consumo. L’accelerazione che negli ultimi anni abbiamo visto anche in campo di lancio e declino di “fenomeni musicali” ne è un sintomo chiaro. Come lo è la preoccupante carenza di capacità di concentrazione da parte di un pubblico ormai assuefatto e drogato di velocità e voracità, in ogni settore.

Siamo alla fine di un paradigma, ma come si “uscirà vivi” da tutto questo? Difficile dirlo, però l’immagine dell’incendio forse fornisce anche il suggerimento del prosieguo. In natura vi sono semi che proprio solo dopo un incendio sono in grado di germogliare. E dopo la distruzione totale, nel giro di poco il sottobosco si ricostituisce, con nuovi getti e virgulti, facendo ricominciare tutto daccapo. Forse con la musica dovremo fare altrettanto. O forse chissà, la musica stessa, nella sua “naturalità”, lo farà da sé. Rigermogliare partendo dal basso, dal piccolo: tornare al passato, quello di una musica dall’espressione spontanea e live, più libera dai vincoli del guadagno.  Essendo tuttavia il sostentamento economico ancora necessario per vivere, sarà però fondamentale trovare un modo di coniugare libertà creativa e giusta resa. Forse proprio ricominciando dal piccolo, dall’organizzazione di eventi, locali e ritrovi “minori”, facendo riscoprire anche al pubblico quel gusto dell’ascolto, e del “corrispondere la giusta mercede” a coloro i quali, per qualche momento o per la vita, ci forniscono il carburante per tenere accesi i nostri sogni e la nostra umanità, senza trasformarli in un incendio distruttore.

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