STATALE 35, NON E’ LA STRADA GIUSTA

Ep di recente produzione questo “Azrael” degli Statale 35, rock band alla sua seconda incisione. “Cinque tracce di rock cupo e acido” sentenzia il comunicato stampa che accompagna il cd. Forse cupo, acido di certo, come emerge soprattutto dalla lettura dei testi. Ma partiamo dal primo brano, quello che dà il titolo al progetto.

Dunque, secondo Google di Azrael,oltre all’ep degli Statale 35, ve ne sono altri due: uno è il nome abitualmente attribuito dall’Islam all’angelo della morte, l’altro, accompagnato ad una spada, è una miniserie di fumetti scritta da Denis O’Neil. Nulla a che fare dunque con il lupo mannaro stampato in copertina dell’ep, ma soprattutto nulla a che vedere neppure con la canzone, musicalmente ariduccia e con testi deliranti (da qui l’idea che l’acido abbondi) del tipo : “…Azrael alla mia ingenuità/poggia quassù la sua mano/E’ caro lo sai, compagno per te/non toglie quassù la sua mano…” e siamo solo alla prima strofa del primo brano. Del resto, anche la seconda traccia, “L’essenza”, sembra non uscire da quei binari ed allora chi ascolta cerca di partire dal titolo per darsi delle risposte, in realtà non facili da trovare. Si ha la stessa sensazione che si prova al cospetto di un’opera d’arte moderna alla quale il titolo tenta di dare un significato, ma un titolo diverso sortirebbe lo stesso effetto. E musicalmente si continuano a non percepire sussulti. Che rileviamo invece nel terzo brano, “Giuda” che, rimanendo sulla strada delle allegorie (acide), offre però soluzioni strumentali più interessanti, il giro di note si fa ascoltare, l’arrangiamento non è banale. Ed anche “Il ricordo” ci fa capire che forse questa band una marcia in più la potrebbe avere se si scrollasse di dosso il capriccio un po’ snob di un ermetismo che si fa fastidioso (“…sospeso e immobile, il rosso alle caviglie che, di caldo bagna il grigio ormai, freddo corpo steso che, non pensa più a ridere….” e giù acido!). “L’ultimo atto” chiude l’ep con qualche momento musicalmente gradevole, ma nulla più. Troppo poco o forse è la ricerca del troppo che fa deragliare un treno di pensieri che appaiono confusi. L’arte, quando esce dal cassetto e cerca un riscontro, deve saper narrare, ma se manca di fruibilità, si riduce ad un’esibizione affabulatoria che si perde nello smarrimento di chi l’accosta.

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