“SIAMO IL NOSTRO TEMPO” E UN GRANDE BASSIGNANO

Scrivere di Ernesto Bassignano non è come parlare di un cantautore qualunque, andando alla scoperta di ciò che può apparire più convincente e di ciò che non lo è. Bassignano è un’icona che si è via via tratteggiata e definita passando attraverso il teatro e la musica, le prime esperienze con Gian Maria Volontè e la fondazione del Folkstudio che lo vede lavorare accanto ad Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Giorgio Lo Cascio, poi l’impegno politico in seno al Pci, il giornalismo per “Paese sera” e successivamente la dimensione radiofonica con una rubrica per Radio Città Futura;  quindi l’assunzione alla Rai e la scrittura di un romanzo autobiografico; oltre ovviamente alla pubblicazione di ben tredici album, compreso l’ultimo, “Siamo il nostro tempo”. Una personalità poliedrica che coniuga la cultura con le emozioni, la sensibilità artistica con l’impegno sociale.

Ascoltare oggi Ernesto Bassignano è come incontrare le esperieze di una vita in ciascuna delle sue canzoni, ricorda i grandi chansonnier francesi, quelli che raccontavano e cantavano (Jacques Trenet, Leo Ferrè solo per citare i primi due che mi sovvengono), le sue canzoni sono piccole narrazioni, ritratti abbozzati, sensazioni perdute, oggi più che mai roba da ricchi, laddove la ricchezza sta tutta nella capacità e nel desiderio di cogliere ogni venatura poetica delle sue canzoni. Le tracce sono otto e s’inizia con “Passerà”, brano intenso, vissuto, profondo, ottimamente arrangiato ed altrettanto ben accompagnato dai musicisti che Bassignano ha voluto con sè per questa nuova incisione. “Le voci della strada” è forse meno immediato, ma restituisce ricordi e sensazioni con il suono struggente della fisarmonica a fare da sfondo, “Siamo il nostro tempo”, che dà il titolo al progetto, più che una canzone è una poesia lenta, un po’ in crescendo, con l’ineluttabile consapevolezza del vivere il presente. Molto bella “Un altro inverno”, piace il testo e l’insieme genera un’atmosfera quasi palpabile. Curioso e tristemente piacevole il ritratto di “Poer Nanu”, immagine di un clochard che vive tra le sue povere cose ed una mattina mostra l’incanto di chi non si sveglierà più. “Valzer” riporta, come cita anche la canzone, ad una giostrina sulla qule ruotano parole ed emozioni, un po’ cantate ed un po’ sussurrate. Ed incuriosiscono i riferimenti letterari che trovo in “Cosa resta da sapere” in un contesto musicale sempre piacevile per approdare quindi al brano che chiude l’album, “Lo sai che sono qui”, una canzone delicata, dolce, pochi accordi che infondono calore, come una carezza. Non vi è nulla che non funziona in questo lavoro ed ascoltando le canzoni, è bello immaginare questo progetto trasformato in un recital teatrale. Sono certo che Bassignano saprebbe incantare, semplicemente raccontando con le sue canzoni e con gli ottimi musicisti che lo accompagnano.

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