SCHIFANOIA, L’ONESTA’ FATTA MUSICA

In una jungla di cantautori “impegnati”, forse anche troppo e non sempre propriamente al servizio della musica, ecco un Matteo Schifanoia con il suo “Lo scapolo” che, senza pretese di cambiare il mondo, confeziona un prodotto abbastanza agile, semplice ma non banale, fruibile (o in buona parte radiofonico, come preferite). Lo si intuisce sin dal primo brano, “Lo scapolo” appunto, che propone immediatamente la cifra artistica del personaggio, divertente, dinamico, attento a non andare oltre alle sue possibilità.

 

Il che non gli impedisce però, con un brano intitolato “Crisi rock”, di disegnare i tratti della crisi secondo una sua personalissima interpretazione (“E’ una crisi rock e presto tutti quanti saremo un po’ più pop”), arrangiamenti essenziali ma buoni, con l’inserimento di una voce narrante che evoca miserie andate, simili ma diverse. Quindi “Notte seria”, ove i toni si fanno un po’ più confidenziali prima della divertente “Costa meno” con un ritornello che potrebbe facilmente divenire la colonna sonora di tante piole a tarda notte. Di “Santa la bella stella stanca” colpisce soprattutto il bel coro del ritornello mentre “Guardaroba impazzito” è purtroppo la mediocre traduzione di una buona idea. “Lolita” può suscitare qualche sorriso per quel suo tratto pedo/goliardico e si approda ad un bel finale, “Un sognatore in bianco”, brano che sfiora lo swing, si fa ballabile, agile, onirico-evocativo. Che dire di questo cd? Schifanoia, con quella su “erre” gucciniana, ci piace perchè è un personaggio che riusciamo ad immaginare sul palco con quel fare scanzonato anche quando parla di cose difficili. Questo album e le sue canzoni probabilmente non diverranno pagine indelebili della canzone italiana, ma percepiamo l’umiltà del mestierante e l’onestà intellettuale di chi sa fin dove può spingersi e non si azzarda ad andare oltre. E questo è forse il traguardo più bello.

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