SAMBIGLION: QUEL “TU ERI LI'” CHE SI SVILUPPA SOLO IN PARTE

“Tu eri lì” è il titolo del nuovo album del cantautore Sambiglion (al secolo Ruben Caparrotta, originario di Vigevano). Otto tracce che rivelano una personalità strana e poliedrica, non sempre convincente, fors’anche per una forma di minimalismo complessivo che rende il progetto in parte inespresso, anche laddove gli spunti si fanno più interessanti.

S’inizia con “L’etrusco”, chitarra e voce in evidenza per un brano che ha uno spunto curioso e che in alcuni passaggi ricorda vagamente le atmosfere di Rino Gaetano. “La più bella” è un brano di taglio molto cantautorale ed è qui che nasce la prima riflessione sugli arrangiamenti che, in questo caso, avrebbero potuto dare più forza al brano, con maggiore respiro di archi ed un impatto più marcato tra la voce quasi narrante ed il contesto musicale; il brano è molto interessante, avrebbe potuto essere valorizzato meglio. “Lunatica” è il pezzo che alcune settimane or sono aveva fatto da apripista all’intero progetto, anche con l’ausilio di un video; trattasi di una ballata con un testo un po’ banaluccio, anche se l’andamento del brano va. “Mastro Misciu”, non me ne voglia Caparrotta, avrebbe forse voluto e dovuto essere un brano impegnato per le tematiche trattate, in realtà non decolla e via via si appiattisce senza spunti e senza spinte. “Ritmo di vita” ha testo un po’ improbabile per una canzone ripetitiva. Ed eccoci a “Troppo spesso”, canzone che avrebbe potuto avere una diversa storia se al momento del ritornello Sambiglion fosse stato dotato di una potenza vocale diversa, si ha invece una sensazione di compressione che desta più d’una perplessità, pur se la canzoncina in sè è piacevole. “Tu eri lì” dà il titolo all’intero album ed in effetti è forse il brano più bello; ottima l’intenzione testuale e quell’aria che si respira che sa un  po’ di Jannacci e che cità un brano di De Andrè; è una canzone curiosa e di contenuto. E si chiude con “Usa”, brano che dovrebbe probabilmente essere letto in chiave ironica, ma che scivola invece su di un naif un po’ scontato e che musicalmente non appare molto attraente. In sostanza, a convincere davvero in questo album sono un paio di canzoni e su altrettante il giudizio rimane sospeso. Troppo poco per promuovere un progetto che necessiterebbe di qualche riflessione e qualche ripensamento. Indubbiamente c’è una volontà di nuovo e di diverso, ma non è supportata da potenzialità complessive che rimangono, alla fine, irrisolte.

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