Rebis, un cd tutto da… studiare

“Naufragati nel deserto”, album d’esordio dei genovesi Rebis, è un cd che deve essere “studiato” ancor prima di essere “ascoltato”. Iniziamo dal nome scelto da questo duo formato da Alessandra Ravizza, cantante ed arabista (e capiremo poi l’importanza di questa sua “specializzazione” etnica) e Andrea Megliola, chitarrista e compositore. Rebis è una parola di derivazione latina (res bina) la cui radice è emblema dell’equilibrio e dell’unione degli opposti (non è sfoggio di cultura nostro, ma pedestre copiatura di quanto viene spiegato nel comunicato che accompagna il cd). Ovviamente questo è solo l’inizio poiché l’ascolto ci riserva ben altro.

 

A cominciare dal primo brano (dopo l’intro strumentale) intitolato “Pir meu cori”, cantato in siciliano ed arabo e che, negli intenti, a cavallo tra presente e passato, intende essere un omaggio alla corte di Federico II. Insomma, in una canzone c’è tutto un percorso storico e geografico che è un po’ il biglietto da visita di questi due artisti coraggiosi, che hanno affrontato il debutto discografico ponendosi obiettivi ambiziosi, tra i quali non compare però, sino all’ultima nota, nulla che possa sembrare un tentativo di “commercializzare” il loro prodotto. “L’attesa”, che se vogliamo è un brano più consueto, pur senza volere abusare di questo termine, è comunque una delicata metafora sospesa nel tempo e “Un mare”, il brano che segue, torna al bilinguismo italo-arabo per affondare suoni e suggestioni in una mediterraneità profonda. “Domani”, forse il brano più fragile dell’intera raccolta, precede invece la canzone che richiama il titolo del progetto, “Naufragata nel deserto”, ancora una volta con una lunga strofa in lingua araba e ancora una volta la voce fortemente personalizzata di Alessandra Ravizza, autrice di tutti i testi dell’album ed in taluni casi anche delle musiche, in collaborazione con Megliola. C’è posto anche per l’amore, in queste pagine musicali dalle tonalità multietniche, come nel brano “La neve e le rose”, storia lieve di un amore contrastato, prima di approdare a “Ya Yasmina attunsiyya”, canzone che potremmo definire “politica” per cogliere una denuncia delicata, ma ferma, contro le dittature che affliggono il mondo arabo. E c’è posto anche per un omaggio a Genova, città di appartenenza dei due artisti, in brani come “La notte di San Giovanni” (San Giovanni è il patrono del capoluogo ligure, ma anche questo va “studiato” per cogliere il senso del brano) e “Riflessi di tegole”, suggestivo richiamo ai bagliori, alle ombre, al porto ed alle navi di una città che “…a nord del sud, ad est dell’ovest…” è sempre Genova. In “Tra le nuvole” e “Alla luce” i Rebis cantano le stagioni dell’uomo, quella dell’adolescenza e dell’incanto della scoperta del mondo e quella della vecchiaia, di chi il mondo si accinge a lasciarlo. E, ultimo brano del cd, la raffinatezza di “Qualcuno, nessuno”, che pone in risalto più che mai anche la ricercatezza strumentale degli arrangiamenti di questo lavoro sicuramente lungamente pensato, elaborato e sofferto. E’ un cd da ascoltare con estrema attenzione. Non è né “radiofonico” né “orecchiabile”, semplicemente perchè non vuole esserlo. Non scalerà le classifiche delle hit nazionali, ma in tempi in cui agli autori più blasonati le case discografiche chiedono le musichette per i telefonini, una scelta come questa è di autentica e sincera rottura.

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