Quando la musica “canta” la crisi

“Si lamenta l’impresario che il teatro più non va…Un riccone avaro e vecchio dice: ahimè così non va, vedo nero nello specchio, chissà come finirà?…Tutte quante le nazioni si lamentano così: conferenze e riunioni, ma si resta sempre li…rinunziate all’opinione della parte del leone  e chissà …che la crisi passerà”. Queste poche righe sembrano essere tratte dai giornali di oggi, ma in realtà sono delle estrapolazioni dal testo di una canzone del 1933, scritta ed interpretata da Rodolfo De Angelis: autore, pittore, scrittore e compositore di area futurista, amico di Balla e di Marinetti.

 

Un sarcasmo quanto mai attuale, accentuato in maniera sesquipedale dalla voce dell’interprete, pervasa da una cadenza ironica ed irriverente nei confronti di una crisi  (quella del 1929) in buona parte autoalimentata dalla mancanza di fiducia, dal pessimismo e dai nazionalismi suicidi, proprio come sta accadendo oggi. La caratteristica di De Angelis è quella di accompagnare il motivo con una trombetta simulata con la bocca che rende ancora più allegorica e satirica la sua esecuzione, la melodia è quella tipica di quegli anni, alla Rabagliati per intenderci, una ritmica piuttosto veloce con lo stile degli allegretti lirici, quasi un’operetta in tono minore. Le capacità vocali sono mediocri, ma l’insieme è godibile. Risulta poi molto interessante il risvolto politico: in anni nei quali ci immaginiamo che la libertà di espressione fosse limitata e controllata, stupisce un poco il contenuto di questo testo pieno di riferimenti politici e di una certa demagogia populista. Poi però ci sovviene che il futurismo stava dalla parte di chi in quel periodo deteneva il potere ed allora, pur nella condivisione di questo testo e nella sua straordinaria similitudine con la realtà dei nostri giorni, appare evidente che questa canzone faceva parte della propaganda di quell’epoca, in parte nazionalista ed in parte negazionista (della crisi) che spinse la nostra economia sull’orlo del baratro con il modello autarchico e protezionista. Ma…sino a qualche mese fa non c’era qualcun altro che diceva che la crisi non c’è? Una cosa è certa: la musica è da sempre anche strumento di informazione e portatrice di cultura e per questo occorrerebbe saper distinguere criticamente il libero pensiero dal tornacontismo, proprio come si dovrebbe fare leggendo un libro, un articolo di giornale, o ascoltando i vari opinionisti in televisione e sul web. Il veicolo musicale affianca poi le parole alla melodia, che può rendere il tutto accattivante come un pacco ben confezionato. “Ma cos’è questa crisi?” frase ripetuta più volte, diviene quasi un mantra e forse chi allora la canticchiava sentiva meno in quel momento il morso dell’inedia.

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