NELL’OREFICERIA DI DAVIDE VIVIANI

“Loreficeria” così, senza apostrofo, è il titolo dell’album di Davide Viviani che contiene otto tracce che pongono in risalto una ricerca intensa di musicalità da parte del cantautore, anche a scapito dell’identità.

 

 

Si apre con il brano più bello del cd, “E a tutto quel mondo lì”, canzone che pone in risalto una voce pulita coadiuvata da suoni altrettanto puliti ed anche un testo raffinatamente poetico. Un brano che per certi aspetti “illude”, facendo pensare ad un cd tutto su questi binari emotivi. “Agua”, il brano che segue, già entra in una dimensione completamente diversa, è una sorta di country per altro neppure troppo originale, pur senza cedimenti. “La creatura banale” è un brano che rivela una ricerca più complessa, sia della linea melodica sia degli arrangiamenti; il testo è decisamente poetico, la fruibilità è scarsa, nonostante la potenzialità di alcune intuizioni. E si approda a “Salomon David”, brano cantato in dialetto bresciano, che incuriosisce, ma non si va molto oltre. “Litania della città” ci riporta invece alla dimensione cantautorale del primo brano, testo molto interessante, arrangiamenti soft con un bel pianoforte che emerge più volte ed una chiusura dolce ed intensa che lascia un retrogusto di intensa malinconia. “Nella colza” è una ballata a tempo di valzer e per questo piacevolmente ascoltabile. “Lu porcu meu” ha un che di malinconicamente fiabesco, un brano un po’ affannoso dal punto di vista musicale e che appare irrisolto. Ed infine, una poesia non di Viviani, ma di Valentina Gosetti, “Leashed”, scritta e cantata in inglese, trasognante, a ritmo lento, appena sfiorata dalla voce che quasi parla cantando. Con Viviani sono Alessandro “Asso” Stefana e Marco Parente che hanno prodotto e masterizzato l’album oltre ad averci partecipato come musicisti. Un album che pone in risalto le indubbie qualità di Viviani, ma pone qualche rierva su di un percorso artistico che appare ancora confuso, alla ricerca di una propria traccia.

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