E’ senza dubbio una sensazione piacevole quella che scaturisce dall’ascolto di “Earthling”, il nuovo album di Missincat, al secolo Caterina Barbieri, cantautrice e polistrumentista che affonda le sue radici musicali nell’area milanese suonando il basso e scrivendo canzoni con una formazione tutta al femminile denominata Vertigini con la quale tiene serate in tutt’Italia. Chiusa questa parentesi, decide di trasferirsi a Berlino dove, nel 2009, pubblica il suo primo album intitolato “Back On My Feet”.
Inizia così un cammino che la vedrà lavorare molto in studio (sino ad oggi, compreso l’ultimo, gli album pubblicati sono cinque più un Ep e svariati singoli) riuscendo ripetutamente ad entrare nelle classifiche d’ascolto specializzate sino a divenire un’icona dell’ambiente indie tedesco. Questo nuovo album, tutto in lingua inglese, racchiude dieci tracce con le quali racconta l’immaginaria esperienza delle dinamiche umane viste da un’aliena, metaforica dimensione attraverso la quale Missincat tenta di collocarsi in una posizione di osservazione a distanza. Ciò che colpisce subito dopo le prime note introduttive dell’album, è quella sua voce così delicata, quasi infantile, che sa all’occorrenza farsi decisa e determinata senza però mai tradire quel tratto di forte femminilità che disegna vocalmente tutte le sue interpretazioni. Le sue canzoni sono suadenti, a tratti carezzevoli, talvolta oniriche, ma sempre vanno a disegnare atmosfere che in qualche modo danno l’impressione a chi ascolta di esserne gradualmente parte come un qualcosa che avvolge e rende partecipi allontanando da ogni distrazione. Difficile in queste dieci tracce trovare un brano scadente poichè anche laddove la tensione pare affievolirsi un poco, l’ascolto viene ben presto attratto dalla dimensione musicale. A tal proposito, colpisce ben presto la discrezione con la quale i suoni sembrano stringersi intorno alla voce di Missincat, avendo però costantemente cura di non prevaricarla mai ed accompagnandola, nei passaggi più lievi, con eleganza e sobria essenzialità. Personalmente tra le dieci canzoni le mie preferenze vanno a “Calling your name”, all’interessante pur se apparentemente più banale “Christmas Rose” ed a “Mad about me”. Ma, come ho detto, non vi sono brutte canzoni in questo album che va ascoltato in tranquillità e con attenzione. Direi un ottimo lavoro che fa comprendere come la buona musica ci sia ancora. Forse si è momentaneamente soltanto un po’ nascosta.