MED FREE ORKESTRA? OK, MA SENZA COMIZI

“Background” è il titolo dell’album di Med Free Orkestra, una formazione nata a Roma nel 2010. Del progetto fanno parte voci e musicisti appartenenti a tre continenti e che si esprimono in cinque diverse lingue. Un concentrato multietnico estremamente interessante, che fa della contaminazione un progetto sistematico e che immerge chi ascolta in una dimensione musicale che sa di mondo. Il mondo più in affanno, quello più perseguitato e sfruttato, quello dal quale, paradossalmente, nasce tanta parte della storia dell’umanità.

 

Sin dal primo brano, “Afrikan Move”, si percepisce chiaro il desiderio di trasmettere atmosfere remote, ma a noi sempre più vicine. Il progetto musicale appare evidente sin da subito: la ricerca, attraverso la musica e le diverse tradizioni, di quella dimensione umana che ha soprattutto bisogno di reciproca conoscenza. Ed è davvero un peccato che “Background”, il secondo brano che è quello che dà anche il titolo all’album, più che i contorni di una canzone assuma quasi subito quelli di un comizio infarcito di anticlericalismo, antistituzionalismo, antistato, antitutto. Un inno all’immigrazione, che va accettata sempre e comunque, con passaggi del tipo “…non è stata infranta nessuna legge per far giocare i nostri uomini al nazista e al deportato…”. Francamente stucchevole se pensiamo a quanto quei “nostri uomini”, da anni, rappresentino la prima accoglienza per migliaia di disgraziati. Sono loro che li soccorrono, senza sapere se tra quei tanti vi siano portatori di malattie, furfanti, assassini oppure soltanto poveracci in cerca di una vita diversa e più giusta. Quando la musica si fa propaganda politica, sempre, le cadute di stile sono inevitabili. Ma proseguiamo con “Bulkanian” che riesce a shakerare ritmi balcanici, arie orientali, voci mediterranee ed anche un gran finale con l’immortale “katyusha” russa. “Chueca” è forse, almeno per quel che riguarda il testo, il brano più intenso e poetico dell’intero cd mentre “Muoviti”, più che una canzone è un’esortazione, un invito a trovare nuove motivazioni per “tirare su la schiena” in questo frangente difficile di crisi generale. Dolcissima e bella la “Ballata di San Lò”, ninna nanna cantata in romanesco (San Lò è infatti un quartiere della capitale) mentre “Dondolo il mondo” ripropone i temi del viaggio, dello sradicamento, della lontananza che percorrono, a tinte diverse, tanta parte di questo lavoro. “Ederlezi” è un brano della tradizione greca i cui richiami sono inequivocabili mentre “Hora cu stringatu” lascia che la dimensione più propriamente balcanica incontri altre espressioni musicali, conferendo al brano movenze decise. Si chiude con “Pizzica dello scafista”, probabilmente il brano meno interessante dell’intero album, almeno dal punto di vista musicale. Il testo lascia intravedere un’amara ironia. Nell’insieme dunque “Background” è un lavoro godibile, interessante proprio per quella sua dimensione multietnica che fa della musica un viaggio. I dodici componenti dell’orchestra ci sanno fare e riescono a coniugare con arrangiamenti disinvolti e quasi sempre accattivanti, l’impegno sociale, assai evidente, con la dimensione artistica. Unico scivolone, ma grave, visto che il brano dà il titolo all’intero progetto, è quel “Background” che non è solo discutibile perchè “usa” la musica per spacciare convinzioni politiche (la qual cosa, a nostro avviso, non dovrebbe mai avvenire), ma è anche profondamente ingiusto nella dialettica troppo gratuitamente accusatoria che propone.

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