LOHREN, MUSICA DA CONSERVARE

Lohren è un duo formato da Giulia Lohren (Giulia Lorenzoni) e Luca Zadra. “Felici di niente” è il titolo del loro album, sedici tracce (tutte opera del duo eccezion fatta per un paio di cover), tanti effetti e tanta ricerca, un’intrecciarsi continuo di jazz e swing che vanno a coniugarsi con la musica moderna…per vedere l’effetto che fa. Ed il primo effetto, l’intro intitolata “Lohren”, che fortunatamente dura solo 26 secondi, promette malissimo. Ma è solo un malessere passeggero.

 

 

“Oggi no”, pur se non ancora del tutto convincente, comincia a definire, sia pure a tinte tenui, il tratto di un percorso che si rivelerà interessante, a tratti addirittura entusiasmante. Ce lo conferma “Insonnia”, che comincia a fare brillare l’argenteria, rappresentata in special modo dalla voce bella e tecnicamente molto ricercata di Giulia. E non ci vuole molto per comprendere che, pur avvalendosi di ottimi musicisti, capaci probabilmente di rappresentare ciascuno una storia a sé, questo album, come un abito d’alta moda, è stato cucito addosso alla cantante, alle sue caratteristiche ed a quelle delle sue canzoni, come “Amore e Psiche”, che va a disegnare mondi immaginari e a sorpresa, si spegne con la citazione de “La vie en rose”. “Compulsiva”, seppure molto “studiata” negli arrangiamenti non è gran cosa mentre “Tra fumo e acqua” torna a fare volare alto l’aquilone di questo progetto. Una sorta di pausa è rappresentata da “Esperimento n.5”, un minuto e mezzo di swing puro che alla fine fa esclamare…esperimento riuscito! In “Solitudine” forse emerge il meglio della voce di Giulia Lohren; è bella la canzone, è sofisticata la musica, ma soprattutto è la voce che in un ghirigori di note scala alte vette aprendo più volte al jazz più puro. In “La danza della pioggia” si scopre come, tutto sommato, le parole in alcune canzoni di Lohren, possano avere un’importanza relativa (ci perdonerà Mogol che di questo duo ha premiato i testi “…che sanno tradurre con personalità una loro visione delle cose….”) poiché è la voce a “parlare” come uno strumento e ben s’incunea in un mosaico di suoni, va detto, sempre puliti. “Natalie de la+” non è gran cosa, fisarmonica a parte, che riesce comunque a conferire al brano la sensazione che probabilmente si andava ricercando e “The L’Arch” è un altro esperimento, questa volta riuscito un po’ meno. Ma ci pensa nuovamente Giulia a sorprenderci con una personalissima interpretazione di “Malaika” (brano di Fadhili William) che consente alla cantante di “passeggiare” sulle note con carezzevole delicatezza, senza però rinunciare alla propria cifra artistica. “Paralisi” è forse il brano meno riuscito e neppure la voce di Giulia riesce, in questo caso, a trasformare un brano mediocre in una canzone gradevole. “Con il naso rosso” è una canzone difficile, rinvigorita da ottimi arrangiamenti, sostenuta dagli equilibrismi vocali propri del circo che va a descrivere e ci si avvia verso la conclusione con “Agrabah”, bel brano strumentale che dimostra come, quando c’è la “mercanzia”, sia un peccato non esporla in vetrina ed in questo caso i piacevoli intrecci tra effetti e strumenti ne fanno una piacevole traccia. Si chiude con un omaggio a Rino Gaetano ed alla sua “Sfiorivano le viole” interpretata con grande personalità, con un pianoforte che contribuisce a strutturare il brano in coerenza con gli intenti che motivano l’intero album e con i vocaluzzi conclusivi di Giulia, che ne ribadiscono l’eccelsa tecnica. Con brani come questi i Lohren al festival di Sanremo non li vedremo mai, ma per chi ama la musica con una marcia un più, per questo duo, un posto nello scaffale dei cd da conservarei, ci sarà sempre.

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