KABILA, LE VOCI LONTANE DI “LIFE”

“Life” è il titolo dell’impegnativo album dei Kabìla che in quindici tracce condensa un turbinìo di emozioni e sensazioni che l’intro ci rivela essere riconducibili al dramma della guerra. Un album ideato e scritto da Mirko Speranzi, arrangiato dai Kabìla, con l’intervento per i testi in lingua araba di Emad Shuman, interprete di origini libanesi. Ed è proprio a questo punto che si rende necessaria una riflessione più approfondita.

Tutti i brani (fatta eccezione per i due intermezzi solo strumentali), in misura più o meno evidente, alternano testi in lingua italiana a quelli in lingua araba (in due casi si tratta di lingua inglese e lingua araba) e di forte ispirazione araba è in buona parte del cd anche la musica. Ciò che occorre dire è che il progetto è sicuramente interessante proprio per questo alternarsi di lingue che nel cantato risentono fortemente delle radici culturali di appartenenza. Ma allo stesso modo occorre aggiungere che il progetto, articolato ed affidato a musicisti collaudati, non può certo ritenersi di immediata fruibilità e la forte componente musicale e vocale d’impronta araba, rivela in modo a volte anche imbarazzante le distanze che separano le radici musicali di natura araba da quelle occidentali. I brani sono flash che ripercorrono un dramma e gli strascichi che questo dramma reca. I testi sono intensi, vissuti, sofferti, immediati (apprezzabile la traduzione delle parti in lingua araba contenute nel libretto che accompagna l’album). Ma la cadenza di tanta parte delle canzoni, soprattutto nella prima metà dell’ìncisione, mette ripetutamente a nudo una musicalità che tradisce la noia. Si deve arrivare allo strumentale “Silenzi” ed ancor più all’ottavo brano, “Alba su di te” per riconoscere un che di più prossimo al nostro modo di vivere e “sentire” la musica. Oppure all’intensità di “Un carillon” o, ancora, all’altro brano strumentale, “Frane” che assume contorni rock scevri da particolari colpi d’ala, ma per noi più “riconoscibile”.  Gli arrangiamenti sono quasi sempre ricercati ed attenti ed in un paio di circostanze emerge con decisione una chitarra elettrica di ottimo impatto. Molto interessante ed intensa la voce di Emad. Alla fine, rimane la convinzione di trovarci al cospetto di un lavoro di notevole spessore artistico e culturale, destinato però ad un ascolto di nicchia ed a fruitori che abbiano capacità e voglia di guardare oltre la musica.

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