I sonetti di Shakespeare cantati da Anna Jencek

“Jencek canta Shakespeare” è il titolo di un album che già di per sé incuriosisce. Il coniugare la musica con una ventina di sonetti shakespeariani rappresenta un’operazione coraggiosa, insolita, culturalmente impegnativa, pregiudizialmente di difficile fruibilità. Occorre entrarci dentro, disporsi all’ascolto ed anche alla lettura di testi apparentemente ostici, attraversare le emozioni appartenute a chi scrisse quei versi, ma anche quelle di chi oggi li interpreta e che rivela una passione che va ben oltre la dimensione artistica del progetto.

Un progetto che sfocia nel tentativo, sicuramente riuscito, di dare voce ad una scrittura immortale, la cui anima nella nostra lingua trovò un impareggiabile traduttore nel sommo poeta Giuseppe Ungaretti, profeta e maestro dell’Ermetismo, ma anche cittadino del mondo per il suo intenso peregrinare, che ne affinò la sensibilità attraverso la frequentazioni di ambiti diversi e lontani. Il lavoro si apre con il prologo “Canto di Cordelia” tratto da un adattamento del “Re Lear” di Shakespeare ed affidato alla musica ed alla voce di Anna Jencek. E’ un assaggio di quel che sarà ed la chiave che induce l’ascoltatore a proseguire sino alla fine del cd, seguendo sul libretto l’intensità dei testi cantati e narrati dalla voce decisa e densa di colorite tonalità di un’artista che spazia tra le dimensioni musicali, poetiche e teatrali riuscendo a fondere il tutto in un insieme attraente. “La compositrice” scrive nella prefazione Arturo Schwarz “affida le propie musiche al talento di Dario Toffolon per un’orchestrazione capace di attingere liberamente sia da tecnologie contemporanee sia da strumenti classici….Inoltre, alla preesistente scrittura ne aggiunge talvolta una seconda, o inserisce poesie, recitate sia in italiano sia in lingua originale antica, ponendo ogni nuova espressione nel giusto ambiente sonoro….”. Tanta parte dei sonetti hanno quale musa ispiratrice il Tempo, che scorre veloce, quasi voracemente, per lasciare l’interminabile scia di un passato che aggredisce silente la memoria, ricordandoci l’irreversibilità del suo cammino. Sostenere che il monumentale lavoro di Anna Jencek sia per tutti, sarebbe un’affermazione bugiarda. Ma sperare che possa diventarlo, almeno in parte, è il minimo auspicio che questa galoppata shakespeariana possa indurre.

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