“ALTI E BASSI” DI ENZO BECCIA STORIE DI VITA IN UN ALBUM

S’intitola “Alti e bassi” l’album del cantautore e chitarrista pugliese Enzo Beccia. Otto tracce che rappresentano altrettanti percorsi di vita, fatti appunto di momenti positivi e momenti meno favorevoli, descritti testualmente anche con la collaborazione di Fiorenza Sasso. Diciamo in anticipo che, alla fine dell’ascolto, si ha la sensazione che il tema non sia stato trattato in modo esaustivo, sia dal punto di vista puramente lirico, sia (e forse ancor meno) dal punto di vista musicale.

Il primo brano, “MI sveglio ottimista” si presenta come una canzoncina allegra, una sorta di tormentone un po’ banaluccio incastonato in una cornice musicale dalla quale, ad un certo punto, fuoriesce un po’ di confusione negli arrangiamenti, pur nella ricchezza d’nsieme delle sonorità. “Che incredibile distanza” pone in risalto come il gioco del destino possa allontanare il cammino esistenziale degli uomini; buono il concetto nelle intenzioni, ma i contenuti sono un po’ superficiali pur se, in questo caso, corroborati da arrangiamenti più congrui. “La chimica della vita” è il pezzo che ci fa intuire come alla terza canzone già si  colga un certo qual senso di omologazione; Beccia, qualsiasi cosa canti, lo fa sempre con le stesse tinte vocali, il che appiattisce il senso generale del progetto. “Il mio male peggiore” verrebbe da chiamarla la canzone dello sfigato, anche se in fondo si rifà, poco o tanto, al percorso delle altre canzoni; il testo è deboluccio, la linea melodica non decolla, nusicalmente niente di che. In “Tra la fine e l’inizio”, al di là delle tonalità monocordi di Beccia, assume contorni più definiti una certa ingenuità compositiva che in un contesto che si vorrebbe cantautorale non può non balzare alle…orecchie. “In controluce” apre con un piacevole “giro” di chitarra, che ci fa capire che Enzo conosce lo strumento e lo maneggia con perizia, il profilo del brano però non  cresce di molto, anche se va riconosciuta l’efficacia di un ritornello che rende questo pezzo una delle cose migliori dell’album (musicalmente di certo). “Un altro giro” ha un testo più interessante, ma musicalmente l’essenzialità degli arrangiamenti risulta penalizzante. E si va a chiudere con “I puntini di sospensione” da cui scaturisce qualche buono spunto musicale; meno convincente il testo che talvolta arranca sulla scelta dei vocaboli; nell’insieme comunque una canzone discreta, che lascia nella seconda parte ampio spazio alla musica ed anche per questo cresce. Complessivamente però questo album desta più perplessità che consensi, ha una dimensione, per molti aspetti, più hobbystica che professionale, pur senza disconoscere alcuni scampoli di positività che pure si rilevano, ma che sono troppo tenui per dare credibilità e luminosità all’intero progetto.

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