GERO RIGGIO: “UN ANNO IN PIU'” TRA LEGGEREZZA ED EMOZIONE

E’ da qualche tempo in circuitazione “Un anno un più”, l’album di Gero Riggio (al secolo Calogero Pasquale Riggio, cantautore siciliano di Mussomeli). Si tratta di undici tracce, mediamente di buon pop, con qualche appagata ambizione cantautorale che rivela la personalità estroversa dell’artista e contribuisce a dare vita ad un cd che, in alcuni frangenti, riesce a sorprendere, pur se la strada prescelta pare essere quella di sonorità più semplici ed immediate.

S’inizia con “Ufo 31”, brano di meno due minuti, solo strumentale, con il volo di un elicottero ed un’atmosfera che sembra farsi pesante; in realtà questa intro non c’entra nulla coin ciò che verrà dopo e anche per questo non se ne comprende l’inserimento. Il primo brano vero dell’album è “L’amore salva”, un pop di maniera che non suscita troppo entusiasmo. “Dieci & love” ha un’andamento più brillante, è una canzoncina leggera di discreto ascolto. E’ invece “Veleno” un brano che acquista maggiore intensità, almeno nelle prime battute, per poi ricollocarsi in una dimensione pop con discreti arrangiamenti. “L’ultimo piano” mi dà l’impressione, soprattutto prestando particolare attenzione alla prima parte dei testo, di un brano che nasce con ottimi intenti narativi, ma poi non riesce a svilupparsi, come forse lo stesso Gero avrebbe voluto. Ed ecco invece una dimensione più cantautorale che troviamo in “Svuoto il bicchiere”, un brano profondo, emotivamente coinvolgente, non a caso premiato nel 2018 al Premio “Musica contro le mafie”, una dedica a Paolo Borsellino con un ritornello che attenua, ma solo un poco, il pathos della canzone. “Un’estate (a ritmo di danza)” viene a stemperare un po’ la commozione generata dal brano precedente, ma linea melodica di questa canzone va un po’ in affanno e non le arriva in soccorso neppure l’essenzialità del ritornello. Anche in “Un anno in più” , che dà il titolo all’intero progetto, sembra più convincente la prima parta, che  però si diluisce lasciando la sensazione di una buona strofa e di un incerto ritornello. “Yemen” è invece la canzone che vale l’album intero; bello il testo, intenso, appassionato, bello l’andamento incalzante del brano in un crescendo sempre più avvincente, uno di quei pezzi che si ascolterebbero dieci volte di seguito senza provare mai noia. E ci avvia verso le ultime battute di questo lavoro con “Oltre il silenzio”, che passa e va senza lasciare traccia e “Tutto quel poco che ho”, ancora una volta con un testo interessante ed un brano nell’insieme ben strutturato. Gero Riggio è un personaggio che ha preso parte con buon successo a svariati festival tra cui anche il Club Tenco di Sanremo. Quando decide di fare il cantautore lo sa fare, ma non vuole spendersi troppo in quella direzione ed è a quel punto che cede alla tentazione di un pop molto più omologato e di minore impatto. “Un anno in più” non è complessivamente un brutto album, ma mi piacerebbe riascoltare Gero in un lavoro più intenso ed impegnato, come in almeno tre brani appena ascoltati ha dimostrato di sapere fare.

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