DECECCO, FREDDEZZA D’AUTORE

Non è facile esprimere un giudizio su questo lavoro del cantautore Adolfo Dececco, “Metromoralità”. Di certo gli ingredienti per un’onesta raccolta di canzoni d’autore ci sono tutti. Ottimi arrangiamenti ed un’incisione nitidissima sostengono basi musicali stra-classiche del genere: chitarre acustiche, contrappunti di armonica, sonorità a tratti countreggianti, parecchio pop con qualche tocco di ritmo reggae.



I temi risultano forse un poco ripetitivi nei concetti. Vanno da una moderata critica della “vita moderna”, troppo incentrata su immagine e virtualità, e molto sulla situazione nazionale (la parola “Italia” appare in ben tre brani sui dieci dell’album) per altenarsi a temi più sul personale: sentimenti irrisolti, occasioni mancate, solitudine emotiva ed incomunicabilità post moderna. Il tutto viene espresso con testi di una precisione quasi maniacale nella loro ossessione della rima perfetta, non sgarrano di una virgola. L’interpretazione è piacevole, la voce pulita. Non si può quindi dire si tratti di un brutto lavoro. Però, all’ascolto ed al riascolto si percepisce una certa freddezza, un’attenzione per la forma che sacrifica la sostanza, escludendo la passione e l’emotività. Insomma un lavoro che può piacere, ma non riesce a coinvolgere e ad emozionare nel profondo. Si limita a galleggiare in un manierismo un po’ superficiale, nonostante le manifeste buone intenzioni. Un compitino ben fatto, con molta diligenza ma da cui non riesce a trasparire il sentimento. Consigliamo un po’ più di disordine, di sana scapigliatura, un pizzico in più di rabbia. O un sano innamoramento romantico e disperato.

 

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