dDROP, TROPPO RAP MA…”ARRIVA”

Diciamoci la verità: un album contenente dodici tracce di cui undici sono rap e quella che manca è semplicemente l’Intro non è un progetto di facilissima digestione. Perché a farne pesantemente le spese è la musicalità di ogni brano, che si svela nei passi introduttivi di ogni canzone, per poi perdersi negli schemi rappanti che sono, notoriamente, assai rigidi e ripetitivi.

 

 

Questa è la primissima sensazione che coglie chi si ritrova tra le mani “Mors Tua”, il lavoro dei dDrop che vorrebbe collocarsi anche nell’area alternative, ma che di questa dimensione non può avere molto,  se non i primi secondi di ogni traccia, quel tanto per capire comunque che questi quattro ragazzi con gli strumenti si sanno destreggiare. Poi si passa alla lettura dei testi, che del rap sono parte fondamentale poiché è proprio attraverso quelle composizioni, poco poetiche in verità, che si vuole trasmettere un messaggio. E nel caso dei dDrop va detto che il messaggio arriva forte e chiaro più volte. E’ un messaggio di disagio (ch’è anche il titolo di una delle canzoni), ma è soprattutto un messaggio lucido, trasversale, diretto, duro. Il messaggio di quella parte di gioventù che non ha accettato e non accetta l’omologazione, non ha accettato e non accetta l’appiattimento su esistenze progettate da altri, non ha accettato, non accetta e difficilmente accetterà le lusinghe di un mondo falso che di falsi valori si alimenta, sempre più plasmato dalle mani di chi è forte con i deboli, ma incerto, balbettante e vile con i forti. L’avere individuato questa chiave di lettura, restando il più possibile ai margini della confusione politica di questi anni difficili, è una nota di merito che va riconosciuta a questa band. “Dammi la verità” forse più degli altri brani rivela l’anima del gruppo. Rimane il fatto dell’eccessiva diluizione di questo prodotto perché la ripetitività del rap rappresenta un elemento che può venire a noia, soprattutto a chi non riesce, non sa o non vuole concentrarsi troppo sulle parole. Ma nel suo genere “Mors Tua” non è un brutto lavoro, portato a otto tracce avrebbe potuto risultate ancor più interessante. Sarà per il prossimo (“Mors Tua” – dDrop – (R)esisto).

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