CON “LUNA PIENA E GUARDRAIL” GUIGNOL IN SALITA

Da alcune settimane è in circuitazione il nuovo album dei Guignol, “Luna piena e guardrail”, nove tracce, otto delle quali inedite, mentre l’ultima è un omaggio/cover di Luigi Tenco. E’ un disco complesso quello dei Guignol, che percorrono strade a volte contorte, certo non alla ricerca della fruibilità ad ogni costo. Come rivela per altro la stessa cover del brano di Tenco che viene rivisitato e reso quasi irriconoscibile. Significa che nel progetto c’è della personalità, anche se non sempre e non del tutto convincente.

S’inizia con “Il vizio”, che pone subito chi ascolta al cospetto di una voce decisa, ma che scopriremo poi essere non troppo “colorata”, buoni arrangiamenti ed una linea melodica che arranca. “Il pendolo” acquista una dimensioe cantautorale più accentuata, ha un percorso narrante ed una sua determinazione, anche se di fatto il brano non decolla.  Crescono il ritmo e l’andatura con “Un altro modo” mentre la storia di migranti e migrazioni, giustamente intitolata “Via Crucis”, “arriva” con maggiore intensità ed è ben arrangiata. Molto interessante anche “La bonheur”, grazie anche a un buon testo, che consente un’interpretazione in cui la pacata amarezza delle prime strofe, cede poi il passo alla rabbia. Con “Notte di fine luglio” si torna a standard meno convincenti sul fronte della linea melodica, anche se il brano è ben interpretato e a tratti accarezzato dal piacevole controcanto di una voce femminile. “Zio zio”, brano introspettivo pur se immaginato in una dimensione dialogante, si arricchisce di ampiezze strumentali più decise che reggono il percorso di questa canzone nonostante il testo sia, tutto sommato, piuttosto esile.  “Luna piena e guardrail” è il brano che dà il titolo all’intero progetto e forse proprio per questo alla fine risulta un po’ deludente; ha una cadenza stanca ed in qualche modo ci riporta, chissà perchè, alla dimensione di certi poeti maledetti, corroborati in questo da un arrangiamento che riesce a dare la giusta profondità al pezzo. E si chiude con “Se potessi”, cover che ci riporta, in modo decisamente reinventato, alla canzone di Tenco; lodevole il tentativo di dare un’interpretaziobe nuova e più moderna di questo brano, ma le cover sono pericolose anche per questi tentativi di corse in avanti che allontanano dalle versioni originali, il che potrebbe anche non essere sempre un fattore negativo, ma che talvolta non riesce a recuperare il senso che l’autore volle dare a quel brano. Questo album è comuque un lavoro che con la sua complessità non risente di certo di alcuna omologazione, mette in risalto il tentativo di dire qualcosa di diverso e di farlo con giusta determinazione. Il risultato probabilmente non è pari alle attese, ma per la band è un lavoro che non andrà perduto.

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