CON “BLUSANZA” SETAK NARRA TERRA E ANIMA

Non accade tutti i giorni di trovarsi tra le mani un album di un cantautore che decide di realizzare il proprio progetto tutto in abruzzese. E non lo fa con lo spirito di chi vuole rinverdire tradizioni ataviche, ma lo fa per una questione di musicalità, perché in quel dialetto ci si ritrova e con quelle parole meglio riesce ad esprimere ricordi e sentimenti, a coniugare le proprie radici con la sua esistenza. Questo è “Blusanza”, l’album di Setak (al secolo Nicola Pomponi, originario di Penne in provincia di Pescara).

E proprio con “Blusanza” che dà il titolo al suo progetto Setak apre il suo cd; blusanza è un termine immaginario, la sintesi di blues e di transumanza, quindi luogo dell’anima e luoghi di migrazione; apre con l’armonium e con una voce che quasi sussurra le parole e richiama all’attenzione grazie anche ad una buona linea melodica. Un buon inizio. “Mane a ‘tj” induce ancor più a seguire il testo (nel libretto contenuto nel cd i testi sono accompagnati dalla traduzione a fronte e si chiude anche con un utilissimo glossario) piacevole nella sua semplicità e con accompagnamento che pare scandire i passi di un cammino. “Pane e’ccicorie” ha un buon andamento ma ancora, mentre l’orecchio ascolta, l’occhio cade sui testi che hanno una loro peculiarità, tutti, sino all’ultima canzone: non hanno la pretesa di lanciare messaggi o di esprimere concetti destinati a rimanere scolpiti nella pietra, sono parole semplici, ma usate con sapienza e leggerezza, parole che raccontano stati d’animo in modo molto soft. E delicata è anche “Marije” che con la stessa semplicità dei testi si pone con arrangiamenti essenziali, ma che riescono ad “arrivare” corroborando un minimalismo voluto ed anche un po’ ostentato nel cantare senza picchi e senza affanni. “Cumbà” è un brano che narra di un riincontro, dello stupore, della gioia, del passato e del presente, con tratto delicato. “Zitta zitte” convince un po’ meno, la sensazione è che sia l’anello debole del progetto pur non trattadosi di un brano sgradevole. “Sole e rose” è un brano che ha risvolti poetici interessanti, sa essere un’esortazione, una riflessione, un momento di vita ben tratteggiato; musicalmente la linea melodica è un po’ meno convincente. “Camine” è una canzone giocata sul giro di poche parole che si fanno quasi musica. “Alè Alessà” invece non sembra destinata a lasciare traccia anche se musicalmente non è male, pur nella fragilità della struttura d’insieme. “Porteme furtune” rivela cone si deve approdare alla penultima traccia per scoprire in Setak una voce ancora più calda pur se sempre modulata sulle tonalità quasi narrative che caratterizzano l’intero lavoro. E si chiude con “Dumane ha’ggià’rrivate”, certamente uno dei brani più belli dell’album, in cui ritroviamo un testo più articolato ed un arrangiamento che sa dare profondità al tutto. Indubbiamente nell’insieme si tratta di una prova cantautorale molto interessante; le undici tracce probabilmente avrebbero potuto essere otto e sarebbero state tutte di elevata qualità, ma anche così questo “Blusanza” si propone come un lavoro definito, intriso di un filo lieve di malinconica introspezione e di un omaggio ad una terra mai dimenticata che può piacere non solo agli abruzzesi.

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