CON “BLU CELESTE” ESCE L’ALBUM D’ESORDIO DI BLANCO

E’ di questi giorni l’uscita di “Blu celeste”, il primo album di Blanco (all’anagrafe Riccardo), un artista decisamente ancora grezzo, ma con delle potenzialità che sono quasi un annuncio di interessanti premesse. Dico subito che dodici tracce in questo caso sono troppe. Ne sarebbero bastate otto ed in tal modo sarebbe stato possibile lasciare nel cassetto alcuni brani poco riusciti.

S’inizia con “Mezz’ora di sole” ed appare subito sorprendente il modo di cantare di Blanco che ha una musicalità molto scandita ed assecondata. “Notti in bianco” conferma che spesso nelle canzoni di questo artista non troviamo la musica in funzione del testo, bensì il testo in funzione della musica il che, inesorabilmente, penalizza il momento narrante, anche se in questa canzone comincia a prendere forma una vocalità interessante. “Figli di puttana” è l’eloquente titolo di un brano che un arrangiamento ben strutturato tenta di rendere più ascoltabile, attenuando una certa ripetitività cantilenante, senza troppo successo. “Blu celeste” è il brano che dà il titolo all’intero progetto e rivela una interessante lettura interpretativa; voce e piano conferiscono al pezzo una certa drammaticità ed intensità e se piace questo modo un po’ delirante di cantare possiamo dire che è un discreto pezzo. In “Sai cosa c’è” il ritmo si fa incalzante strizzando l’occhio al rock; ancora una volta le vocali finali ripetute ed ansimate divengono un complemento musicale. E rimaniamo sui toni alti con “Paraocchi”, un brano rinunciabilissimo che nulla aggiunge al progetto. “Lucciole” appare musicalmente come uno dei brani più interessanti, ma anche l’interpretazione conferisce alla canzone una carica di pathos facilmente percettibile. “Finchè non mi seppelliscono” mi lascia francamente perplesso per la banalità intrinseca del testo e della musica. “Pornografia (bianci paradiso)” è un brano agile, con un buon andamento ritmico, nulla di irrinunciabile, ma può avere una sua ragion d’essere. Ed eccoci a “David”, canzone che definirei ordinatamente confusa, ma con un ritornello che “arriva” ed un articolato movimento strumentale. “Ladro di fiori” è una canzone che più di altre dà l’impressione di essere di maggiore impatto in dimensione live e si approda al capolinea con “Afrodite” che vocalmente  sembra rivelare un po’ di stanchezza, la linea melodica non è gran cosa, ma a conti fatti la canzone può piacere nel suo insieme. Che si può dire dunque di questo album? Indubbiamente Blanco rivela una buona personalità, ha delle potenzialità vocali interessanti. L’album, come detto in apertura, è “appesantito” da troppe tracce, alcune delle qali rinunciabilissime, ma nell’insieme si tratta di un prodotto interessante, di buona fruibilità e curioso per la forma interpretativa che gli conferisce l’artista.

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