“CASA ANASTASIA”: ESAME SEVERO PER L’ALBUM DI InO

InO (al secolo Andrea Sella), ha pubblicato recentemente il suo nuovo album, “Casa Anastasia”, facendolo precedere dal singolo/video intitolato “Precario di secondo nome”. Si tratta di otto tracce che alla fine non riescono però a rendere una cifra artistica veramente definita di questo progetto che si presenta con pretese cantautorali (e lo è dal momemto che i brani sono stati tutti scritti da InO), ma che racconta davvero poco, abbandonandosi talvolta a tormentoni che non stimolano l’attenzione.

Iniziamo con “Tu”, un brano dalla linea melodica discreta, arrangiamenti essenziali e che pare a tratti cercare un ritornello tra i meandri di una canzone dai contorni poco marcati e con un finale che annoia. “A lei” mette insieme un po’ a fatica strofe e ritornello, tanto che si ha la sensazioe di trovarsi al cospetto di due brani staccati, assemblati in un unico pezzo, che per altro, nella seconda parte, appare troppo diluito. Da “Andiamo a Venezia”, sarà per la ssacralità del luogo, sarà perchè mi sovviene “Com’è triste Venezia” dell’irripetibile Aznavour, ci si aspetterebbe qualcosa di speciale ed invece ci si ritrova al cospetto di un andamento complessivo tutto sommato piacevole, ma consegnato nelle mani di un testo che lascia più volte perplessi (il passaggio “…andiamo a innamorarci a Venezia/forza spezziamo l’inerzia…” è a dir poco agghiacciante, se si vuol parlare di cantautorato). “Romantica” musicalmente può starci, ma la voce è un po’ monocorde e nella parte finale ci si abbandona alla distrazione. “Cometa” è invece, semplicemente, una canzone non riuscita; se ne deve mettere in conto almeno una per ogni album, è fisiologico. “Precario di secondo nome” è il brano più riuscito dell’album, il testo ben assecondato dall’andamento musicale, tratteggia in modo persuasivo il personaggio che si va ad inquadrare ed il suo stato d’animo; trova spazio anche un po’ di rock, seppure molto soft, ma in alcuni passaggi la voce di InO arranca. “Ma non vuoi” ha un suo elemento di sorpresa nel carillon iniziate che scandisce le note di “Jingle Bells”(per evocare il clima natalizio), ma poi si entra ancora in dimensione semirock per un brano un po’ arruffato che dura meno di tre minuti. Ed eccoci alla fine con “Ciao”, una traccia di 8′ e 52″ che quindi pare volere riappropriarsi del tempo “rubato” al pezzo precedente, salvo poi scoprire che a metà brano c’è un’interruzione di circa un minuto per poi riprendere con tutt’altra canzone (bonus track mascherata?). Non si tratta comunque di una chiusura convincente anche a voler stare sul brano che occupa la prima metà dell’ottava traccia; stranamente ha una linea melodica che pare promettente poi s’incaglia sul concetto “….chi ne parla non lo fa…” sino a farlo divenire un tormentone. Complessivamente direi che non ci siamo. Si percepiscono qui e là alcuni buoni spunti, che vengono però annegati in un contesto generale che non riesce mai a decollare ed alla fine si scopre che non una delle otto canzoni ha realmente lasciato una traccia nella mente. E’ la prova più eloquente che qualcosa non funziona.

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