CANTIERRANTI, UN POZZO DA SCOPRIRE

Un album difficile questo “Fuori dal pozzo” di Enrico Fink, Arlo Bigazzi e i Cantierranti, Un progetto sulla carta estremamente interessante per le sue escursioni linguistiche e per le sonorità che affondano le loro radici in svariate tradizioni musicali, da quella yiddish a quella italica, passando attraverso l’inglese ed il francese, per approdare all’aramaico. Canzoni di vita e di afflati lontani. Ma non sempre i brani colgono nel segno.

 

Dopo “Rosenfeld’s Dream”, la ballata che apre il cd e pone in risalto la cifra di una ricerca che si sviluppa anche attraverso l’uso di strumenti (dai violini all’arpa al salterio) che aiutano chi ascolta ad addentrarsi in ogni singola dimensione, seguono “Il pozzo”, sorta di cantilena giullaresca e “Dedicated to Decay”, brano che non decolla e non stimola all’ascolto. Si deve approdare al quarto brano, “Il mare di Valona”, per avere qualche soprassalto soprattutto alla lettura di un testo estremamente poetico e delicato nel narrare la tragedia di un popolo con l’attento dosaggio di suoni che rimarcano l’originalità della ricerca musicale del progetto. E non meno interessante, seppure per ragioni differenti, è il brano seguente, “A Tsiterdiker Thom”, con il supporto della voce di Moni Ovadia e l’alternarsi di voci recitanti che coniugano il parlato yiddish con la musica. “Vedo chiaro e limpido” offre un brano tutto sommato divertente, pur se supportato da un testo delirante che acquista però maggiore interesse per il bell’alternarsi delle due voci che ne caratterizzano l’esecuzione. Belli anche in questo caso i violini che evocano a tratti ritmi irlandesi. “Ce n’est pas pratique” è probabilmente il peggior brano dell’album: un’insalatona confusa di suoni e parole, in un incalzare esasperante, ai limiti della sopportazione uditiva. Fortunatamente, a chiudere questa insolita galoppata di note, giunge “Tumbalalaika”, una canzone dolcissima e delicata che accarezza come una ninna-nanna l’orecchio di chi ascolta e che induce a pensare che tutto sommato ci troviamo al cospetto di un buon lavoro. Non mancano gli elementi che possono destare qualche perplessità, a cominciare dalla reale fruibilità di un percorso musicale che probabilmente in dimensione live è in grado di coinvolgere più di quanto non avvenga dal semplice ascolto del supporto. Ma dietro a questi otto brani c’è sicuramente molto lavoro, c’è ricerca, c’è conoscenza ed anche la consapevolezza di non entrare in uno studio di registrazione per confezionare otto brani d’immediata e facile presa, bensì il desiderio di trasmettere qualcosa di più e di diverso. Il che non è poca cosa. Il cd è pubblicato da Materiali Sonori.

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