ARCIERI E ALTRI ANIMALI NEL BELL’ALBUM DI MAURA

Ha un titolo strano e promettente, “Storie di arcieri e altri animali” il primo album di Maura, al secolo Fatima Maura Zucchi, venticinquenne studentessa si Scienze Linguistiche, appassionata di letteratura e di poesia. Il suo primo singolo esce nel 2021; seguono un paio di altri singoli che pecedeono la pubblicazione di questo album che forse meglio la rappresenta. Dico subito che non si tratta di un lavoro che può piacere a chi nella musica cerca un sottofondo alle proprie faccende quotidiane, siano essere lavorative o ludiche. Queste otto tracce sono a passo lento, riflessivo e le parole hanno un peso, sempre. Così come la modulazione vocale di Maura è quasi sempee poco più che un sussurro, quasi a non voler incrinare le atmosfere che le sue canzoni possono creare, pensate come sono per chi non si accontenta di sentire, ma vuole saper ascoltare.

S’inizia con “Nel mio bosco”, è un brano che arriva piano, ma carico di una strana ed intensa sensualità; le immagini che scaturiscono dal testo arrivano come soffi. “Terra bruciata” è invece una canzone più ritmata, musicalmente più potente, ma che non scompone la voce dell’interprete; il brano di per sè non è gran cosa, ma la voce lo fa decollare. In “Tu fai di me” pare di poter immaginare una mano che disegna strani ghirigori nell’aria, immagini che si alternano e si rincorrono; molto buono anche l’arrangiamento. “Senza addosso stronzate” ha un ritornello delicato, ma nche raffinato, come per altro lo è il testo (non inganni il titolo riconducibile al linguaggio corrente) ed emerge  di più una certa dimensione cantutorale. “Rubi i nchiesa” è una canzone ricca di suggestioni e di atmosfere rarefatte, supportata da un video bellissino e denso di significati. E siamo a “Già da settembre”  in cui in una specie di limbo musicale (mai sopra le righe) si fa largo la voce che percorre un testo nel quale si fa sentire l’afflato poetico che c’è nelle canzoni di Maura. L’atmosfera un po’ trasognata la ritrovo in “Quando ho visto te”, in coerenza con l’intero progetto, anche se questa è forse la canzone meno riuscita dell’album. E siamo alle conclusioni con “L’acqua, il finale”, una sorta di contemplazione che annega in un vago sciabordìo di sottofondo, si direbbe quasi una preghiera. E’ evidente dunque, per riprendere il discorso di poco sopra, che un cd di questo genere non può essere sentito distrattamente. Occorre predisporre la mente ad un viggio fatto di sensazioni che ognuno può ricondurre al proprio vissuto. E’ uno di quei lavori in cui l’artista mostra molto di sè, lasciando al termine un silenzio nel quale immergersi ancora per un po’. Credo in conclusione sia doveroso dire che i brani sono di Maura con la collaborazione di Francesco Pontillo e Mattia Dallara.

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