WESTERN FIGURATO CON SIMONE PIVA ED I VIOLA VELLUTO

Accade talvolta (ed ultimamente accade sempre più spesso), di trovarsi al cospetto di espressioni artistiche o presunte tali, senza riuscire a coglierne il significato. Accade al cospetto di un quadro, di una scultura, ma anche di un film o di una canzone (o un album di canzoni). Si cerca di mascherare un poco d’imbarazzo e si annuisce, senza sapere il perché. E’ quanto mi è accaduto al cospetto di “Fabbriche polvere e un campanile nel mezzo” l’ultimo album di Simone Piva e i Viola Velluto.

Dalla grafica del package dell’album (ecco perché tendenzialmente preferiremmo sempre avere a che fare con i supporti fisici più che con Spotify) s’intuisce un qualcosa che si rifà al mondo western. Tra i titoli delle nove tracce spicca poi un “Sergio Leone” che rende ancor più eloquente la nostra sensazione. Ma altrettanto potremmo dire di “La battaglia infuria” o “Oggi si uccide domani su muore” tanto per citare un paio di altri titoli dell’album. E poi una Colt 45 compare sopra i titoli, rendendo ancor più plausibile l’idea di un progetto che dovrebbe riportarci al vecchio West. Ma non è così. Già il primo brano  (a parte i pochi secondi di “Intro”), “La battaglia infuria”, è un mix filosofico-esistenziale che potrebbe essere ambientato in un saloon come in una italica osteria, la linea melodica, soprattutto nelle prime fasi del brano, appare instabile, per poi decollare assumendo una sua fisionomia. “Da dove vengo” in realtà, non stacca troppo dal primo, anche se gli arrangiamenti si fanno un poco più interessanti; il testo vorrebbe evocare l’immagine di vecchi cow boys incalliti (“Da dove vengo si impara presto a pulirsi gli occhi dalla polvere e a guardarsi bene intorno…”), ma poi ci si perde tra Dio, la ricchezza e la fama e tutto scorre in modo ritmicamente piacevole. “Cani sciolti” in modo più tangibile (nel testo) si rifà ad una dimensione western un po’ ingiallita (“Coraggio oste, da bere per tutti. Whisky e donne per i miei uomini. C’è uno sceriffo o chi comanda qui…”) ma poi ci deve essere stato qualche ripensamento perché un paio di versi dopo scopro che “…Cavalchiamo ormai da giorni costeggiando ecomostri in questo maledetto country a forma di stivale…” (immagino che il riferimento sia all’Italia). Questa canzone, ad un certo punto, come si trattasse di una interferenza radio, si avventura su tutt’altra musica, per poi riprendere il primitivo andamento; perché? Non si capisce (o sono io che non capisco). In “Imprevisti”, tanto per cambiare, si parla di sbornia e ce ne avvediamo sin dal primo verso: “Capita a volte che ti penso sempre…” (voluto? Può darsi, ma l’allegoria mi sfugge) anche perché poco dopo mi tocca sentire “…ed ogni volta che mi baci cade un nazista…” (probabilmente mi diranno che è un’iperbole poetica e mestamente ne prenderò atto). La canzone è una sorta di ballata e, come per ciascuna di queste tracce, dal punto di vista musicale, ferma restando una fruibilità non sempre immediata, si comprende di avere a che fare con gente che maneggia bene i propri “arnesi”. “Oggi si uccide domani si muore” ci ricorda che “un cappio al collo non fa un impiccato…” e musicalmente il brano parte in modo molto promettente, poi a giocare un ruolo importante è il violino (bello il fraseggio di pianoforte, violino e voce a metà circa del brano) ed anche la dimensione ritmica è gradevole. Ed eccoci a “Sergio Leone” che se intende essere un omaggio ad uno dei più grandi registi della storia del western ci sta tutto, ricordando anche Clint Eastwood; ma poi ci si imbatte in frasi sparse ( “…al cuore Ramon…”) che chi non ha visto il film (probabilmente molti, visto che parliamo di anni ’60) non sa come collegare, sino ad arrivare a scoprire che “Roma si sveglia per un pugno di dollari…” ed altre citazioni per chiudere con “Non dimenticarti mai di Sergio Leone”. Speriamo in bene. In “Questa estate” invece riceviamo schizzi di cultura, dalla citazione di Schiele a quella di Bukowski per arrivare ad Atene, che naturalmente…brucia. E si chiude, con “Il destino di un uomo”, che forse è il brano meglio riuscito anche dal punto di vista musicale, il testo è anche qui incoerente con l’ambient che si voleva forse conferire all’album, ma è finalmente coerente con una canzone che ha un paio di spunti interessanti e….soprattutto, non guarda al Far West. Che pensare di questo progetto? Tornando alle prime righe devo dire che, cercando di mascherare l’imbarazzo, annuisco. Senza sapere il perché.

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