“VENTIZEROTRE” LAROCCA COLORA MUSICA E POESIA

E’ un bel progetto questo “Ventizerotre” di Larocca perché racchiude, come in uno scrigno prezioso, parole, musica, sentimenti e ricordi, il tutto in dieci tracce caratterizzate da un’intro ed una chiosa con la voce che viene dal tempo di Rosamaria Divella…che scriveva canzoni meravigliose. Un omaggio che già scandisce il tratto di un lavoro nel quale c’è tanta poesia, fortemente cantautorale, anche se la chiave di lettura di alcuni brani (penso tra gli altri a “L’amore nel 1807”) è apertamente moderna.

S’inizia con “Libero”, canzone musicalmente strana, intervallata da un ritornellino che sa di antico e che ci immerge nella dimensione di questo album, che a più riprese pare soffermarsi sui ricordi. “Contorni” è invece una canzone che più di altre mette in rilievo la notevole vocalità di Larocca; il brano, la cui linea melodica ha un andamento piuttosto ripetitivo, si tinge di colori diversi, più o meno intensi, grazie proprio all’interpretazione del cantautore che ne fa un acquerello di sensazioni. “Presto o tardi” è il pezzo a mio avviso più bello della raccolta; un bellissimo arrangiamento accompagna ed incornicia un testo assai poetico conferendogli a tratti una profondità assoluta, il resto lo fa l’ottima interpretazione dell’autore. Improvvisamente ed a sorpresa ci si ritrova poi immersi in un rock soft ma dinamico con “Tutti uguali”, chitarra e ritmica sono il valore aggiunto di una canzone che comunque scorre via senza entusiasmare. “Padre e figlio” è un brano molto vissuto, con un testo caratterizzato da un’intensità che musicalmente rimane solo in parte espressa, anche a causa di un arrangiamento che produce suoni che a tratti risultano quasi fastidiosi. Si torna però subito ad una grande intensità interpretativa con “Non sarà”, che anche musicalmente riesce a fare arrivare inquietudini mai sopite. Bello anche il testo di “Ritratto di famiglia”, non del tutto convincente come canzone, probabilnente per una mera questione di fruibilità, mentre “Ventizerotre”, il brano che dà il titolo all’intero lavoro, è una canzone dolcissima che “prende” come una fiaba un po’ triste. Ed eccoci a “L’amore nel 1807” che, ad onta della data riportata nel titolo, tratteggia invece l’odierno malvivere informatico, parole crude, poca poesia ma, del resto, c’è ben poco di poetico in un computer, nel sesso cam to cam, nel cellulare o in un culo mnostrato in chat. E si approda all’ultima canzone, “La mia vita improvvisata”, altra bella canzone che riporta ad una dimensione di maggior lirismo e chiude con la voce che viene dal tempo di Rosamaria Divella. E’ un bel disco questo “Ventizerotre” di Larocca, un lavoro che ha visto la partecipazione di un bel gruppo di musicisti che hanno saputo ben accompagnare il suo cammino nei meandri delle canzoni. C’è un’indubbia originalità nei testi dei dieci brani e, ancor di più, c’è l’interpretazione “vissuta” del cantautore che ha saputo dare diverse tonalità alle tinte delle sue canzoni proprio là dove voleva.

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