SARZI, LA RISCOPERTA DEL ROCK

E’ quello di Enrico Sarzi, “Drive Trough”, un album caratterizzato da undici tracce (dieci in lingua inglese) che ripetutamente ci riportano agli anni d’oro del rock, quelli in cui le band che negli anni Settanta tracciarono un solco indelebile, rappresentano ancora oggi pagine di storia e, talvolta, di leggenda.

Quello di Sarzi è un rock robusto e determinato nel quale la sua voce dotata di una raggiardevole “tavolozza” di tonalità, ben si inserisce e si coniuga in un contesto musicalmente attento, quasi sempre ben strutturato, dotato di arrangiamenti coerenti anche laddove (accade in un paio di occasioni) la linea melodica pare avere qualche esitazione. “Strange Freedom” è forse il brano più interessante e più bello del cd, arricchito dall’inserimento forte, ma non invasivo, del sax di Stefano Avanzi; molto buono anche “Inferno”, forse più riflessivo rispetto ad altri brani e buonissimo avrebbe potuto essere “Cielo”, unico brano interpretato in lingua italiana,  se la voce di Luciana Buttazzo, intuibilmente molto interessante, non venisse ripetutamente sovrastata dalle tastiere di Alberto Valli, decisamente agile e determinato nella gestione dello strumento, ma forse meglio apprezzabile in brani strumentali. Nell’insieme comunque non si può che dire bene di questo lavoro che ci pone al cospetto di un Enrico Sarzi che con i musicisti che lo accompagnano dà l’idea di una dimensione musicale collaudata e della capacità di ritrovare tra le pieghe del vecchio rock le espressioni migliori.

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