“POP DISEASE” NUOVO ALBUM DI EEGO PER SCOPRIRE…ANNA

E’ uscito da alcune settimane il nuovo album di eego (al secolo, Antonio Castellano, songwriter di origini calabresi ma ormai da tempo milanese d’adozione) intitolato “Pop Disease”. Si tratta di una decina di tracce nelle quali poco pop e molto sperimentale si intrecciano, animando suoni spesso algidi che a tratti incorniciano e a tratti soffocano vocalità che emergono e si sommergono in un dedalo di effetti. Un album per alcuni aspetti difficile, per altri scaltro, un po’ ambient ed un po’ giocato sul nonsense di alcuni suoni, certo non pensato per una immediata fruizione.

S’inizia con “Meteoroparty” in cui ci districhiamo più sugli effetti che non sulle note di una vera e propria canzone. In “Back 2 Bed” compare per la prima volta la voce di Arua che duetta con eego, non dipana la confusione ma alleggerisce il pezzo. In “Stolen Past 01”, soprattutto nella prima metà del brano, pare di entrare in una dimensione tribale che sfocia poi in un post moderno ossessivo, il tutto complessivamente gradevole anche se rimaniamo lontani dal concetto di canzone nel senso più abituale. In “Seasons” pare imbastirsi un percorso narrativo, sia pure su di una linea melodica trasfigurata dagli effetti e scaturisce una riflessione: il giorno in cui su di un palco a cantare e suonare saliranno i robot, probabilmente chi ci sarà ascoltarà qualcosa di molto simile. “Wheren Sun Sets” è un pezzo solo strumentale che alla fine risulterà gradevolmente ambient più di quanto non lo siano quelli frequentati dalle voci di chi canta, siano esse più o meno rilevanti. Anche in “Cats”, oltre a ritrovare la voce di Arua accanto a quella di eego, troviamo un tentativo di narrazione, ma per scovare il pezzo più bello dell’album bisogna approdare a “Umbrella” ove accanto a sonorità con pochissima anima scopriamo però la voce bellissima di Anna che rivela potenzialità interessanti che le consigliamo caldamente di assecondare. “The Shape of the City” è un altro strumentale meno efficace di quello precedente e che poco o nulla aggiunge o toglie al lavoro complessivo, pur trattandosi della traccia più lunga (sfiora i 5 minuti). Rinunciabile “Running again”, ancora con la partecipazione di Arua, ma in un contesto che pare francamente frutto di una certa confusione e si va a chiudere con “Her veins” ove attendiamo con una certa trepidazione di riascoltare la voce di Anna dopo le belle sensazioni di “Umbrella”, ma qui la ritroviamo solo nel finale e soffocata da sonorità complesse. Difficile sostenere che “Pop Disease” è un album in grado di accendere entusiasmi o emozioni o fregole di danza. Più facile pensare all’ipotesi di un riascolto e poi di un altro ancora, per cercare di capire, con la sensazione di non riuscirci, perchè la musica è sempre una sorgente di emozioni e quando le emozioni non arrivano significa che tra chi suona e chi ascolta si stanno parlando linguaggi molto differenti e lontani.. E’ questo uno di quei casi.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su google
Google+
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su pinterest
Pinterest

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione, se procedi nella navigazione ne accetti l'utilizzo.