Se Misga (alias Michele Sgaramella) avesse operato nel tempo dei vinili, più precisamente dei 45 giri, con una facciata A ed una facciata B, con due delle sette canzoni contenute nel suo album, “Micamicapisci”, avrebbe realizzato probabilmente un prodotto di notevole successo. Il problema è che vive nell’epoca in cui un ep è qualcosa in più di un 45 giri ed un album è molto più di un ep. E di questo suo lavoro, cinque brani su sette convincono assai poco. Ma andiamo con ordine.
S’inizia con “Dammi dammi”, una canzoncina ben ritmata, senza pretese, che scivola via svelta, senza iperboli. Si prosegue con “Vuoto di memoria”, che è invece una brutta canzone e le cose non vanno meglio con “Vai così”, una sorta di agonia vocale e musicale che non decolla mai. Poi però arriva “Fame” che vede Sgaramella interpretare con Puccia (alias Marco Perrone) un brano che, sia per il testo, sia dal punto di vista musicale, è una specie di scossa, si coglie un contenuto, si vive un po’ di pathos, insomma, ci siamo, anche siamo già al giro di boa dell’album. Ma poi, giunge una mediocre “Questa musica” e quindi “Micamicapisci”, che dà il titolo all’intero progetto e che è una fragile canzoncina che vive grazie all’effetto musical-fonetico di quel “micamicapisci” tuttoattaccato che si ripete generosamente; un po’ ingenua l’ambientazione rock. E siamo alla fine, ma con sorpresa. Il brano più bello, più azzeccato, più originale e meglio eseguito dal cd è proprio l’ultimo, “Pazzi e felici”, caratterizzato da un buon testo, una gradevole interpretazione e finalmente un ottimo arrangiamento (molto si deve alla fisarmonica suonata dallo stesso Michele Sgaramella). Ecco, se al tempo dei 45 giri ci fossimo trovati tra le mani un vinile con “Pazzi e felici” sulla facciata A e “Fame” sulla B ci saremmo compiaciuti pensando di avere trovato due brani di non trascurabile interesse. Oggi, possiamo solo dire che due bei brani rischiano di annegare in un progetto complessivamente mediocre.