L’addio a Fausto Mesolella è stato ancor più traumatico, perchè inatteso. Solo pochi giorni or sono avevo postato nel mio profilo Facebook un suo brano, quello che aveva cantato al concertone del 1° Maggio, a Roma, lo scorso anno. Un brano singolare, che si apriva con un suo virtuosismo alla chitarra che metteva ancora una volta in evidenza la destrezza con la quale Mesolella armeggiava quello strumento che ha accompagnato la sua vita. Era un brano di cui mi aveva colpito soprattutto il riferimento a Lampedusa, quella località ove incessantemente approdano migranti e profughi provenienti da Africa e Asia, quell’isola che tutti accoglie per prima, prestando soccorsi e portando conforto a chi per la prima volta approda in una terra che non è la propria. Mesolella aveva scritto il verso “….benedetta Lampedusa a cui chiediamo scusa…”. E mi era piaciuta quell’idea di chiedere scusa, a nome dell’Europa tutta, agli abitanti di quell’ìsoletta che da soli, per quel profughi della parte più povera del mondo, fanno più di quanto non stia facendo l’Europa tutta. Ma Mesolella aveva anche vinto un festival di Sanremo, nel 2000, con la Piccola Orchestra Avion Travel, con il brano “Sentimento”. Anche in quella circostanza, aveva rivelato l’appartenenza ad un modo di pensare alla musica lontano e diverso dai carrozzoni opportunisti e ruffiani di chi confeziona le canzoni per Sanremo, per i cellulari, per i gingle pubblicitari, a comando, ponendo sistematicamente l’arte da parte nel senso più deleterio e perverso. Se ne va con Mesolella un grande musicista. Uno di quelli che il mondo della musica italiana forse non ha mai celebrato come avrebbe meritato, un personaggio che alla musica non aveva anteposto nulla e che sapeva anche guardare ai nuovi talenti con interesse vero e con rispetto autentico.
G. Pe.