Con il suo primo disco, “La faccia delle persone, Maurizio Costanzo si afferma con decisione nel panorama musicale del cantautorato italiano: genere ancora per fortuna vivo, anche se non gode proprio di ottima salute. Maurizio Costanzo, dalla Calabria si trasferisce a Bologna per completare gli studi universitari. Inizia la sua carriera come interprete di musica classica, esibendosi con l’oboe in diverse orchestre sinfoniche e ensemble di musica da camera in Italia e all’estero. In seguito intraprende la professione di giornalista, collaborando con vari quotidiani. Da alcuni anni è docente di oboe presso il conservatorio di Cosenza.
A Bologna incontra lo storico produttore Roberto Costa (arrangiatore e collaboratore di artisti come Lucio Dalla, Ron, Luca Carboni, Mina, Gianni Morandi) figura di spicco nel settore della musica pop italiana. Ed eccoci alla scoperta di questo progetto che al primo impatto pone in risalto il timbro degli strumenti acustici, dolcemente avvolti da suoni elettronici coinvolgenti, ritmi morbidi e rassicuranti, che danno rilievo ai versi cantati e sussurrati dal cantautore bolognese: testi a volte evocativi, accompagnati da eleganti e ben costruiti giochi di parole, altre invece più discorsivi e caratterizzati da una forte incisività e chiarezza. Nel primo lavoro discografico di Costanzo si percepiscono atmosfere retrò, ereditate da un sound inglese anni Novanta, con qualche tocco vocale che si avvicina a Charlie Winston e un leggero ma evidente richiamo a Damon Albarn nel processo di composizione delle musiche. Maurizio Costanzo si muove con disinvoltura attraverso gli eventi fondamentali della sua storia personale: li racconta con un tono leggero come una brezza estiva, condivide esperienze vissute in prima persona, lascia spazio a ricordi carichi di tracce e ferite, senza mai cedere a toni eccessivamente malinconici. La canzone “Mia madre ha il Parkinson”, un punto focale dell’intero progetto e il secondo singolo trasmesso in radio, dipinge una condizione ai limiti dell’esperienza umana. Le parole s’intrecciano e si sovrappongono, creando momenti di autentica poesia. È tanto vano il tentativo di esprimere il dolore, quanto realistica appare, invece, la necessità e il bisogno di condividere uno stato d’animo, un sentimento, un senso di distacco razionale, nel tentativo di intrecciare con le parole una descrizione esaustiva del vuoto e del crollo dello status vitale di un malato terminale. Il disco comprende otto brani, ciascuno dei quali rappresenta un viaggio attraverso l’universo creativo dell’artista. Dalla carica emotiva di “Cercami”, dove si percepisce la malinconia per gli amori, fino alla dolcezza, velata di malinconia, di “Mi perdo in un bicchiere” o alla tenera e dolcissima “Biancaneve”, che rende omaggio e gratitudine a tutte le donne che di fronte alle contraddizioni delle convenzioni sociali desiderano e cercano sempre una vita positiva.