Ascoltando i brani contenuti in “Antropoparco”, recente album del trio La Base, a mano a mano che scorre la musica, crescono gli interrogativi. La musica, un rock mediamente ben strutturato, anche se destinato a perdersi nel mare magnum di tante produzioni simili o assimilabili, potrebbe risultare accettabile. I tre dimostrano di avere dimestichezza con gli strumenti almeno quanta ne hanno con la conoscenza di ciò che un certo pubblico si aspetta da un concetto sempre più generico e un po’ compassato di rock.
Ma queste nove tracce hanno anche dei testi. Nota di merito, testi in lingua italiana. Ed in questi testi c’è anche chi vorrebbe addentrarsi, solo che, accostando i padiglioni auricolari più al cantato che al suonato (impresa a tratti davvero ardua) ci si imbatte in frasi del tipo: “…torna pure se lo vuoi io ho troppo freddo per pensarti/ si confonde come sa nubile l’identità che adesso sceglie/ guarda adesso come sto pensa pure a maledirmi sarà come scoparmi….” (Come pietra di calcare); oppure “…non mi parli e ti consoli davanti alla tv/mi guardi e nella luce manca il blu…” (Primavera); o, ancora “…il momdo gira e non si ferma più/ il mondo gira e non mi piace più la realtà che non esisterà/la realtà che cercavi tu/ bacia il rettile…” (Il rettile). Ma che vuol dire? Forse la risposta sta in “Alprasolam”, brano il cui testo dice tra l’altro: “…sto continuando a bere sto ritornando calmo/può controllare tutto modificare il saldo/la sfera del piacere apparirà diversa/sto ritornando e brillo urtando sbilanciato/ delirio non si placa con efficacia gode….”. Ecco, la sensazione alla fine è che il desiderio sia soprattutto quello di inserire testi e titoli qui e là per dare una tregua più o meno credibile al desiderio di schitarrare rabbiosamente su accordi che alla fine si somigliano molto. E non è una bella sensazione. Per questo “Antropoparco” è e rimarrà un cd tra i tanti di quel rock privo di personalità, che riempie di note quei locali ove birra e sballo vengono prima di un buon ascolto.