Andiamo al Festival di Sanremo con alcune consapevolezze:
- Nathalie e Serena Abrami si sono classificate entrambe al secondo posto a Biella Festival 2005 e Biella Festival 2009.Ora le ritroviamo sul palcoscenico del teatro Ariston. Significa che l’area indipendente qualcosa aveva pure capito di queste due artiste che ora altri diranno di avere scoperto.
- Alcuni colleghi, anche di testate di primissimo piano, hanno già stabilito che favoritissimi per la vittoria finale sono Emma con i Modà (un auspicio gratuito dettato dalla passione o suggerito dagli amici degli amici?). Ammesso che sia importante sapere chi vincerà, le giurie popolari se ne sono sempre fregate di questi suggerimenti, premiando sistematicamente altri
- Alcuni colleghi di testate ritenute di prestigio, i brani in gara li hanno già ascoltati. Lo scorso anno uno di loro si lasciò scappare in sala stampa di avere il cd in auto e di averlo da giorni. Rischiò di fare saltare il festival, perché i brani devono essere inediti (almeno ufficialmente). Poiché quel collega ha i capelli grigi e da anni frequenta il Festival, quindi conosce bene le regole dell’Ariston, difficilmente quella battuta è stata un lapsus. Più verosimilmente si era trattato della solita spacconata
- Speriamo che finalmente il collega di una testata nazionale di media importanza, dopo anni, si sia accorto e non scriva più che nel 1975 il festival lo vinse Gilda Giuliani. Vincitrice fu infatti Gilda, nome d’arte di Mariangela Scalabrino (dimenticavo, quel collega, nel frattempo, ha assunto una carica direttiva presso un’importante settimanale)
- Mi auguro di non salire più su di un taxi con un collega di una testata sportiva (oggi in declino e capisco il perchè) che sbuffando mi disse “Che palle, io avrei voluto essere ai mondiali di sci ed invece mi hanno sbattuto qui in questo posto di merda a seguire questa cazzata”. Quando scese dal taxi dicendo “arrivato!” e dandomi una pacca sulla spalla, salì in un hotel a cinque stelle. Mi chiesi che cosa avrebbe detto un minatore.
- E spero anche di non sentire più il collega di un importante quotidiano che si aggira in sala stampa con il bicchierino di grappa in mano dicendo che il vero festival è quello che si fa fuori, sotto alla pioggia, nei pressi della ferrovia, per capirci il “controfestival”. Va bene, ma poi non si capisce perché lui continui a preferire il tepore della sala stampa dell’Ariston ove ha sede una manifestazione che evidentemente considera “falsa”(forse non lo sentirò solo perché il “controfestival” non si fa più)
- Mi auguro di non sentire più uno dei più qualificati critici in assoluto entrare in sala stampa sbraitando contro la giuria che, la sera prima, aveva “bocciato” un artista, tale Marcello Pieri di cui, a suo dire, si sarebbe sentito parlare da lì in poi per decenni. Il giorno dopo tutti lo avevano già dimenticato (per eventuali informazioni rivolgersi a “Chi l’ha visto”).
- Mi piacerebbe tanto che le mie colleghe giornaliste facessero un po’ meno le dive e le sedicenti divette evitassero di fare le giornaliste. In quell’insalatona fatta di occhiali scuri, abiti firmati, scie di profumi, piagnistei telefonici (“sono stanchissima” ,“ciao cara allora ci vediamo a Milano appena mi riprendo”, “Mio Dio non vedo l’ora che finisca”) sarebbe bello sentir parlare, anche solo un poco, di canzoni.
- Sarebbe carino che alle conferenze stampa di alcune delle “nuove proposte” fossimo almeno una ventina sugli oltre 250 accreditati, Si darebbe l’impressione di essere davvero interessati a ciò che di nuovo offre, almeno in quella dimensione, la canzone italiana.
- Per finire, per una settimana ce la faremo ad evitare le diatribe su ciò che è di destra o di sinistra o di centro, evitando di accostare ogni canzone ad uno schieramento ed imbastendoci su filippiche pretestuose? E, tanto per dimostrare di rispettare le idee di tutti, riusciremo a risparmiarci scene indecorose come quelle dell’anno in cui Nek stava cantando una canzone vagamente antiaborista ed in sala stampa tanti esimi colleghi incravattati inveivano lanciando palle di carta contro il megaschermo? Suvvia, siamo giornalisti!