Per il direttore artistico dimissionario del Club Tenco, Enrico De Angelis, lo dico con molta sincerità, non ho mai provato alcuna simpatia. Un paio di colloqui telefonici pochi anni dopo l’inizio del suo mandato, mi furono sufficienti per capire che tra noi non ci sarebbero stati, né allora nè mai, margini per un dialogo sereno. Ma le motivazioni che De Angelis oggi adduce, nel momento in cui decide di lasciare un incarico che ha ricoperto per due decenni, fanno riflettere e gli fanno onore. Scrive: “Probabilmente anche per età e per nostalgia, mi sento troppo legato alle radici, alla storia, allo spirito originario del Club, che è quello di un nobile dilettantismo…”.Una dimensione, quella del “nobile dilettantismo”, che nella musica, ma non solo in quella, ormai da un po’ di anni, ha perso ogni connotazione di nobiltà, lasciando purtroppo spazi incommensurabili al solo dilettantismo, nel senso più deleterio del termine. Chi comincia ad avere qualche capello bianco, soffre in modo talvolta stridente questa condizione, perlopiù scandita da tempi in cui si è vieppiù smarrito il senso della vergogna e da tecnologie galoppanti che hanno spalancato e spalancano porte e finestre a tante, troppe sedicenze ed a poche, pochissime realtà. Scrive ancora De Angelis: “…ha vinto in me la preoccupazione che, in maniera più o meno chiara, invadenze istituzionali e coinvolgimenti in attività lavorative sistematiche che potrebbero presentare interessi in conflitto con il Tenco, appartengano oggi agli orientamenti almeno di una parte dei componenti dirigenziali del Club…”. Ed anche queste parole sono lo specchio dell’imbruttimento di un’epoca.Tempi in cui le istituzioni con le quali si dialoga ogni giorno per mantenere in vita manifestazioni di prestigio, tendono con sempre maggiore frequenza alla circonvenzione di appassionati per affidar loro, in cambio di pochi denari, compiti che non sanno più come assolvere, pur avendone il mandato e l’oggettiva responsabilità. E che dire poi di chi del ricordo di Tenco vorrebbe farne un mestiere? Così come accade con tutti quei festival che, non avendo la risonanza e la storia del Tenco, provano a sbarcare il lunario cercando di ricavare utili dalle tasse di iscrizione imposte ai partecipanti, una vera e propria tassa sui sogni, che per qualcuno rappresenta però un profitto. Se a ciò aggiungiamo poi che una recente indagine sulle parole ricorrenti in circuitazione su internet ha visto in pochissimi anni precipitare vistosamente la digitazione del termine “cantautore”, davvero gli interrogativi si fanno pressanti e le parole di De Angelis assumono contorni ancor più leggibili e definiti. Forse questo direttore artistico del “Tenco” non è sempre stato un simbolo di cortesia e di umiltà (come quando trascurava la non trascurabile questione della rassegna da lui diretta che andava in onda nei circuiti Rai solo perchè parte di un accordo che garantiva alla tv di Stato l’esclusiva sul Festival di Sanremo), ma lascia da galantuomo e con encomiabile lucidità. E di questo dobbiamo dargli atto.
Giorgio Pezzana