“FAMMI MALE”, ALEMOA UN ALBUM TRA HIT E NICCHIA

Alemoa, mi garba il nome e l’artwork, ”fuori linea” con il rock o il metal, mentre invece mi porta alla mente quelle belle copertine delle Orme di “Uomo di pezza”. Uno sguardo al materiale dell’ufficio stampa, leggo “math rock” nella press e già mi preoccupo. Saranno i Poliphya italiani? Si, tempi dispari, strutture palesemente prog, testi devo dire in linea con quanto letto nelle info in questo “Fammi male”, anche se non ci vedo nulla di ”emo”, quanto piuttosto la descrizione di un disagio non chiamato, non invitato di cui disfarsi.

I pezzi comunque mi scivolano via, lasciando però ognuno un segno. Ma veniamo a parlare dei vari aspetti di questo primo encomiabile lavoro. Dal punto di vista prettamente strumentale e delle capacità di composizione. Siamo al cospetto di musicisti molto preparati e con un bel songwriting fresco ed intelleggibile padronanza degli stacchi e dei tempi dispari, non tanto esecutivamente (sono parecchio bravi) quanto nell’utilizzo, sempre a proposito che li fa risultare ”digeribili” anche a chi non è avezzo al math e al prog. A livello di costruzione dei brani fortunatamente non scimmiottano i Dream Theater, cosa apprezzabile, ma per nulla scontata. Inoltre, non so perchè, visto che in realtà non esiste alcuna somiglianza, mi hanno portato alla memoria una versione ”prog metal” del Balletto di bronzo, forse per la struttura compositiva dei brani. Un paragone comunque che è un apprezzamento. Colgo anche la parte più ”morbida” dei queensryche dell’album ”Empire”. Ecco, avrei auspicato una produzione vicina a quelle sonorità, sarebbe molto adatta. Esecutivamente, come ho gia detto, gli strumentisti sono molto convincenti, ma in un futuro lavoro mi piacerebbe sentire un basso più. Da chitarrista non posso non apprezzare Lorenzo che sciorina un lavoro mai ostentato, con un uso creativo del tapping, e quei sottili controcanti ritmici un po’ nello stile di Vito Bratta dei White Lion (band che nulla ha da spartire a livello di genere, ma tant’è). Gabriel, il cantante, è sempre intonato, interpreta bene e non va mai sopra le righe, anzi, se lo volesse potrebbe osare di più. Il drumming di Manuel è preciso, essenziale, coinvolgente, un po’ alla Scott Rockenfield. I brani sono freschi e godibili anche per i non addetti ai lavori. Direi che gli Alemoa stanno nel mezzo tra hit da classifica e musica per pochi intenditori. L’unico aspetto che percepisco come meno positivo, è la produzione. La bella voce è ( a tratti ) poco presente nel mix e l’ambiente è poco ampio, cristallini i suoni di chitarra, anche se ci sarebbe stato bene un po’ di ”brown sound”.  Il disco suona un po’ freddino e non abbastanza ”gonfio” e l’ambiente può apparire un po’ troppo asciutto se devo. Comunque è un bel disco che piacerà, soprattutto a chi mastica un po’ di musica ogni giorno. Il mio brano preferito? “Finestra”.

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