E’ quello di Giuliano Dottori, “L’arte della guerra – vol.1” , un cd per molti aspetti sorprendente. Lo è soprattutto per chi, accingendosi all’ascolto, si aspetta da quelle otto tracce un percorso cantautorale probabilmente fatto di buona musica, che va a coniugarsi con testi più o meno impegnati. Questo lavoro non va in quella direzione e lo si comprende sin dal primo brano, “Quando tornerai a casa”, che dopo poche frasi pare inciampare in una metrica affannosa, ma che rimane aggrappata ad un sentire poetico che percorre l’intero album, affidando ciò che le parole non sanno o non vogliono esprimere, alla musica.
“Estate” non è una delle cose migliori del cd, soprattutto perchè ripetutamente la voce risulta soffocata da una musica troppo invasiva, per una voce come quella di Dottori che accarezza le note più che aggredirle. Ma poi arriva “Le vite degli altri”, brano singolare, fatto di un colorito voyeurismo metropolitano (nulla da spartire con il voyeurismo più noto alle cronache, beninteso) che dipenge con pochi tratti una Milano in cui s’intrecciano esistenze e stati d’animo differenti e contrastanti. “La nave” è un brano breve, dai sapori fortemente onirici, dalle cui profondità paiono affiorare sensazioni e voci che giungono da lontano. Il brano che dà il titolo al cd, “L’arte della guerra”, è lì a ricordarci come non solo esistano i vini da meditazione, ma ci possano essere anche album musicali in grado di produrre sensazioni analoghe. Un altro piccolo cedimento lo si rileva dall’ascolto de “Il mondo dalla nostra parte”, che musicalmente non trova una collocazione del tutto coerente con il resto della produzione, ma subito dopo, ecco “Occhi dentro gli occhi” ove il testo torna nuovamente a suscitare sensazioni intense e, qundo la voce tace, è la musica ad avvolgere l’anima, con la solitudine di un pianoforte che cerca e trova la trama di un discorso che non ha bisogno di parole. E’ questo brano l’esempio di come una canzone possa tradursi in una cornucopia di sensazioni, passando attraverso sonorità e vocalità che divengono espressioni dell’anima. E si va a concludere con un titolo che da solo vale una poesie: “I fiori muoiono quando ci rattrista perderli” ove ci imbattiamo in frasi del tipo “…mio padre era un bravo falegname, di giorno costruiva case sulla spiaggia. Mio padre piantava chiodi dentro il mare…”. Una sorta di ballata intensa, che si perde negli accordi di una chitarra. Un cd non per tutti, ma certamente per chi ha voglia di ascoltare davvero, si tratta di un album di rara sensibilità.