E’ di recente pubblicazione l’Ep “Resistenza” che segna il debutto degli Azimut; cinque tracce pop-rock per questa formazione di Borgomanero, piccolo centro della provincia Novarese, che alterna luci ed ombre per un lavoro non del tutto convincente.
Soprattutto i primi tre brani, “Sala d’attesa”, “Abbraccio vago” e “Medico” si presentano con caratteristiche di buona fruibilità. “Sala d’attesa” non brilla per originalità, ma nella parte centrale del brano si respira una buona musicalità. “Abbraccio vago” ha una buona introduzione, ma poi rientra nell’ordinaria amministrazione, inducendo ad una riflessione esplicita anche sui testi che spesso paiono scritti con il tubolario, cioè mettono insieme frasi che non si comprende da quali presupposti scaturiscano e a quali fini vogliano approdare. Va bene l’introspezione, ma se di una storia raccontiamo solo le sensazioni che suscita, senza citarne la trama, diventa difficile apprezzarne il senso. I testi nelle canzoni sono importanti. Ecco perchè non dovrebbero mai essere sovrastati della musica (e, onore al merito, con gli Azimut la voce di Enrico Ferreri è al sicuro) e dovrebbero “narrare” un qualcosa di arrivabile per tutti. Gli ultimi due brani perdono invece un po’ di smalto. La fruibilità si fa più flebile e non basta in “Piccola pausa” qualche poderoso giro di chitarra per recuperare la rotta. “Resistenza”, che dà il titolo all’intero lavoro, per stessa precisazione del gruppo, non va inteso in senso politico (una volta tanto, evviva!) ma in senso interiore ed individuale. Va bene ma…”Dietro ad un tavolo ovale penso che tu non sia così diverso da me, nascosto in angolo di vita, acuti e sempre in salita. E’ un’altra posizione per capire l’angolazione. Una sorta di chiusura per resistere all’usura….” che diavolo vorrà mai dire? (parafrasando un noto comico di Zelig si potrebbe dire “Niente, ma lo ha detto molto bene”). Occorre prestare attenzione alle diaboliche tentazioni di ricercare l’originalità pescando nel torbido nulla di frasi ad effetto senza significato. Anche qui, un bel giro di chitarra nella parte centrale della canzone, tanto per far capire che il gruppo c’è e forse potrebbe dare qualcosa di meglio.