“Il limite” degli AudioDrama è un album di dodici tracce che qualche limite, a dirla tutta, ce l’ha davvero. Difficile dare una valutazione d’insieme a questo trio che mediamente fa buona musica, mediamente si avvale di buoni testi, mediamente ha la voce di un buon cantante, mediamente ha arrangiamenti talvolta interessanti, di certo sempre coerenti.
Dove sono i limiti dunque? Sono proprio tra le pieghe di quei “mediamente” che intercettano quasi sempre quel salto di qualità che avvertiamo solo in tre delle dodici camzoni proposte. “Corrono” è una intro strumentale pulita che mette in risalto soprattutto la chitarra di Enrico D’Angelosante, che è anche la voce del trio. “Il limite”, brano che dà il titolo all’album, pare un po’ scontato (prima strofa e poi esplosione della musica, clichè piuttosto abituale). “Colpevole” ha, come alcuni altri in questo cd, un testo con ambizioni letterarie che non riesce però a trovare una risoluzione nella musica. “Fuoco dentro” è invece un brano dinamico ed interessante che induce all’ascolto; è uno dei tre bei brani dell’album. “Il vuoto” pone ancora la chitarra in evidenza, una voce convincente, ma il decollo è solo parziale. “In blue light” ha una buona struttura ed è musicalmente gradevole anche nella parte cantata in inglese. “Non ti basta mai” torna al rock più abusato, eseguito dignitosamente, ma privo di originalità. Chitarre pesanti anche in “Giorno debole” con una linea melodica poco convincente ed un testo che, più che negli altri brani, dà la sensazione di essere strettamente funzionale alla musica, quindi gregario. “Tu non sogni” avrebbe invece un testo piuttosto intrigante, ma l’insieme del brano, anche in questo caso, non brilla per originalità. “Sentirmi on”, anche se di tanto in tanto la voce annega nella musica, ha un tocco di originalità proprio in quel sentirsi out e sentirsi on che ne caratterizza la struttura letteraria. “Un’altra opportunità” è ancora un brano con un buon testo che però, tradotto in canzone, perde molto del proprio fascino, meglio dunque il cantato in inglese che in questo caso pare più armonico. E siamo alle conclusioni con “Una strana melodia”, che ha un’intro orribile, ma poi torna a rifarsi con un buon testo ben cantato; l’arrangiamento azzarda una maggiore profondità con l’ausilio di una seconda voce ed il risultato non è malaccio. Come si diceva all’inizio, questo album è la sagra del “mediamente” e non si può certo dirne male, anche se forse otto/nove brani sarebbero stati sufficienti. In alcuni casi poi, i testi paiono troppo autoreferenziali, quindi un po’ criptici per chi ascolta. (AudioDrama – “Il limite” – Terresommerse).