“ALTRI TEMPI” : NUOVO ALBUM DI ALFREDO MARASTI

“Altri tempi” è il titolo dell’album del cantautore Alfredo Marasti, recentemente pubblicato per l’etichetta La Stanza Nascosta Records. Sono dodici tracce (troppe), perlopiù all’insegna di una divertente amarezza. Si, perchè Marasti riesce quasi sempre a cantare la malinconia e financo la sofferenza con un tocco impertinente, da cantastorie un po’ sbarazzino, dal quale è pericoloso distrarsi perchè nei suoi testi ci mette comunque un po’ di poesia, qualche rammarico, qualche delusione, anche la politica (troppa) e talune storie che vanno ascoltate.

S’inizia con “Le mani segrete” ed al primo impatto la sensazione è quella di trovarci ad avere a che fare con un branduardiano accanito (sensazione che riaffiorerà anche in altri brani, pur se in modo meno immediato); il brano comunque scivola via con agilità. “Altri tempi” è la canzone che dà il titolo all’intero progetto, ma paradossalmente, non parla di nostalgie, ma guarda con più attenzione al mondo attuale (permane un po’ di ricordo di Branduardi). “Il gioco del talento” è un irriverente sguardo rivolto al mondo dei talent show visto come un Colosseo all’interno del quale i gladiatori/concorrenti consumano i loro sogni e le loro illusioni; è una sorta di marcetta, con un paio di citazioni, da Jannacci ad “Amici miei”. “Millenial fascio” è un intuibile tratteggio, sotto forma di ballata, di un giovinetto che alimenta fantasie un po’…nostalgiche; niente di che ma… la politica più sta lontana dalla musica e meglio stiamo tutti quanti. “Omofobia! Omofobia!” tratta invece un tema di stringente attualità qual’è quello dell’identità di genere; si tratta di un brano dinamico, caratterizzato anche da un buon arrangiamento (d’altri tempi).  “Lilly al pub” è una canzone infarcita di rimpianti e di illusioni perdute, un brano strutturalmente molto lineare, ma il testo gioca il suo ruolo e fa da traino. “Psiche”, è forse il brano meno riuscito del progetto, ma è fisiologico, un album senza inciampi è un oggetto raro. “Single” usa i soliti toni tra l’allegro ed il divertito per narrare invece di un amore finito; il linguaggio si fa un po’…spesso, ma passo dopo passo va facendosi largo una sensazione non piacevolissima: dopo un po’, pare di ascoltare sempre la stessa canzone ed anche per questo alla fine dodici tracce risulteranno troppe; in questo brano si va ad inserire anche  lo sproloquio finale tratto dal film “Berlinguer ti voglio bene” di Bernardo Bertolucci che ebbe come protagonista Roberto Benigni, uno che di linguaggi forbiti se ne intende. Si prosegue quindi con “Canzone d’amore” con un testo che definirei un elogio al cinismo, ma qui qualche affanno lo colgo anche nella linea melodica, meno sciolta. “Margherita Dolcevita” si rifà al romanzo di Stefano Benni per raccontare la storia di due bimbi che cercano di opporsi all’avanzare di un mondo nuovo nel quale non si ritrovano, ma la canzone si fa via via troppo diluita sino a sfociare nella noia. “Due per due” è una canzone curiosa poichè in un album denso di amarezze, risulta come un flebile cenno di speranza, sia pure appesantito da una cadenza un po’ cantilenante. E si va a chiudere con “Ieri (ritratto di bandiera rossa)”; non si sa che c’entri la bandiera rossa, ma probabilmente da qualche parte ce la doveva mettere e lo ha fatto con un brano che si stacca dal clichè complessivo delle tracce precedenti, anche grazie alla piacevole incursione di un’armonica a bocca. Nell’insieme l’album regge, anche se ridotto ad otto/nove canzoni sarebbe stato forse meglio fruibile, è buona l’intuizione complessiva ed il giro di note, piuttosto ripetitivo, che appiattisce un poco l’intero percorso, trova alleati testi che si fanno ascoltare, con una buona metrica ed un andamento fluido. Non stiamo certo parlando di un album epocale, ma di un discreto prodotto, che alla fine può risultare piacevole.

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