BENY CONTE, QUELLA VOCE UN PO’ COSI’

Stilare una recensione dell’ultimo lavoro di Beny Conte, “Il Ferro e le Muse” risulta non facile, ed in qualche modo controverso. Si tratta, come spiega l’autore stesso, di un’opera musicale che nasce in tandem con una letteraria: un romanzo che porta lo stesso titolo, e a cui sono ispirati parte dei testi.

Di primo acchito, ciò che colpisce sin dal primo brano, “Quannu scinni ‘a notti” è l’altissimo livello qualitativo delle musiche e degli arrangiamenti. Livello che si conferma nel prosieguo dell’ascolto, con una versione rivista e corretta della tradizionale “Vitti ‘na crozza”: lenta, melanconica e dolente – e via via in tutti gli altri brani. Arrangiamenti e musica impeccabili, si diceva, tra atmosfere di musica antica e suggestioni jazz, da toni folkloristici (“La mafia e li parrini”) a sonorità più pop. L’uso della lingua siciliana rende più incisive le tematiche che attraversano tutto il lavoro: l’eterna lotta dell’isola contro quei terribili mostri che sono la mafia, la prevaricazione, la connivenza di chi dovrebbe e potrebbe combatterli, l’amore comunque incondizionato verso questa terra tormentata (“Malìa” “Come un abbraccio” “Serenata alla terra”). Diventa quindi un po’ paradossale e quasi imbarazzante dover rilevare che il punto davvero debole in questo lavoro, per ogni altro aspetto interessante ed assai curato, è purtroppo l’esecuzione vocale dell’autore. Tecnicamente discutibile, rivela ruvidezze, incertezze e qua e là vere e proprie carenze di tonalità, che compromettono in parte la qualità dell’opera. Un vero peccato.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su pinterest
Pinterest
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *